Conoscere il cancro significa anche avere a che fare con i malati terminali. Nell’ ambulatorio di oncologia si incrociano sguardi, in silenzio. Uno dice “mi ricordo di te, chissà se ti rivedrò”. Però i malati all’ultimo stadio non sono qui. Gli oncologi, negli ambulatori, lavorano per i vivi più sani, per quelli che insieme alle lastre si portano dietro le speranze E gli altri? Mi ha molto colpito una storia pubblicata sul sito online della Stampa a fine agosto. Ne ha inserito il link, Carlo Z., pediatra, commentando Le libertà di serie B.

Non c’è solo il dolore di un uomo che ha perso la moglie. C’è dolore sommato a dolore. Perché la donna amata, condannata dal cancro, è stata uccisa dalle non cure – che a quel punto erano semplicemente non attenzioni – dall’ insofferenza manifestata dai medici in ospedale.

Un malato terminale è brutto, rovina l’immagine, riflette il fallimento delle nostre raccolte fondi, magari piange pure e i parenti rompono. Dove lo mettiamo?

Ringrazio Ivano, per avermi fatto conoscere la Fondazione Ant che da 27 anni assiste a domicilio  i malati terminali. Ecco la lettera denuncia che Raffaella Pannuti, presidente Fondazione Ant, ha inviato nei giorni scorsi ai giornali.

“Apprendo dalla stampa che a Roma si fanno colorite feste in abiti da antichi greci, che ogni festino costa 20mila euro (resta da chiarire chi abbia saldato il conto) mentre la Asl del distretto Ostia Fiumicino, dove in oltre dieci anni la nostra Fondazione ha assistito gratuitamente, a domicilio,  quasi mille malati di tumore, non ci rinnoverà la convenzione da 40mila euro per il 2012.

A Roma due feste valgono dunque l’assistenza domiciliare che Ant fornisce  – 24 ore al giorno – a 100 malati di cancro l’anno. Ant può permettersi questo tipo di assistenza pagando professionisti (medici, infermieri e psicologi) e in maniera assolutamente gratuita per le famiglie, grazie ai fondi raccolti e alle convenzioni con le Asl. Nel 2011 avevamo ottenuto con la Asl romana una convenzione da 40mila euro, la cifra spesa dalla Asl per ogni sofferente assistito da 3 medici, 1 infermiere e 1 psicologo era di 465 euro, meno di una giornata di degenza in un ospedale pubblico il cui costo si aggira sui 600 euro al dì”.

Ant nasce a Bologna nel 1978 grazie all’oncologo del Sant’Orsola di Bologna, Franco Pannuti che si è impegnato a garantire la dignità dei sofferenti fino all’ultimo respiro. Dal 1985 a oggi sono state assistite 90mila persone, 24 ore su 24. La Fondazione è presente in 9 regioni, quelle che hanno rinnovato la convenzione quest’anno sono Puglia, Marche, Basilicata, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Campania, la prossima sarà la Lombardia.

Proviene da soldi pubblici soltanto il 17% di quanto Ant spende per i malati (formazione personale, tirocinii, stipendi), il resto è frutto di donazioni.

Raffaella Pannuti è più che amareggiata “Quarantamila euro non sono nulla per un’amministrazione: questo taglio significa che non ci si cura della sofferenza.

Renata Polverini ha promesso di destinare a progetti sociali le cifre ‘risparmiate’ in ostriche e caffè, ci auguriamo che seguano fatti concreti. E restiamo in attesa di una risposta da parte della Asl di Roma, perché i cittadini non continuino a sentirsi presi in giro”.

A Raffaella Pannuti rispondiamo che in questi giorni la responsabile Asl di Roma è in ferie e che rientrerà lunedì. E che dalla sua segreteria ci è stata promessa una risposta. Lunedì.

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