“Trovare un rimedio al cancro è come affrontare un problema filosofico: le cellule cancerose vivono più a lungo di quelle sane, riescono a riparare il loro Dna, noi dobbiamo arrivare a comprendere questo, a stringere nella mano pochi elementi semplici”.

Ascoltiamo Vincenzo Costanzo, 40 anni, ricercatore di Biologia e Patologia cellulare e molecolare. Ha lavorato per 17 anni all’estero e sta per rientrare in Italia grazie al sostegno della Fondazione Armenise-Harvard (che si occupa proprio di riportare in patria i cervelli espatriati). Fra poco meno di tre settimane avvierà a Milano, all’Ifom – che è l’istituto di oncologia molecolare della Firc ( Fondazione ricerca sul cancro) – lo studio ” Metabolismo del Dna”.

“Oggi conosciamo tutti i geni del Dna, in 4 ore siamo in grado di sequenziare un tumore, ossia di individuare le mutazioni responsabili – spiega Costanzo – Ma il fatto di riconoscere i geni non significa sapere come funzionano. Ecco l’ostacolo conoscitivo”.

“In genere i ricercatori ‘inattivano’ il gene responsabile della mutazione, lo silenziano. Ma è un’operazione che non si può fare con tutti i geni, sicuramente non si può fare con il 30% di questi, perché svolgono una funzione cellulare indispensabile. Abbiamo provato a eliminare i geni BRCA1 e 2 e abbiamo visto, che senza di essi, la cellula muore. La presenza di BRCA1 e 2 – che quando alterati predispongono a tumori della mammella e dell’ovaio – è importante per prevenire i buchi nel Dna”.

Costanzo ha lavorato dapprima alla Columbia University e poi al Cancer Research di Londra, qui ha diretto per otto anni un laboratorio dedicato alla stabilità del genoma nei vertebrati. È diventato famoso nella comunità scientifica per aver scoperto un tipo di risposta al danno del Dna. “Ho messo a punto un sistema a- cellulare, grazie all’estratto di ovociti di rana frullati, nel quale abbiamo inserito frammenti di Dna di rana Xenopus. In provetta abbiamo riprodotto una completa risposta cellulare al danno” .

In tutti i tumori si trovano alterazioni del Dna, quando un gene muta si formano alcuni buchi, compatibili con la vita cellulare, che si tramandano e predispongono a generare nuovi tumori. “Le cellule riescono anche ad autoriparare i danni del Dna – spiega Vincenzo Costanzo – nelle cellule tumorali questo sistema di autoriparazione è più attivo. Per questo stiamo studiando come inattivarlo selettivamente”.

Anche la chemioterapia danneggia il Dna.

“Esattamente, ma non si conosce con precisione quale tipo di danno provochi, sicuramente ha un impatto elevato sulla replicazione del Dna”.

Cosa indagherà col nuovo progetto di ricerca dedicato al metabolismo del Dna?

“Conosciamo i geni ma non la loro azione biochimica. Osserveremo le proteine che entrano in gioco quando si crea un danno al Dna”.

Dai geni siamo passati alle proteine, arriveremo mai a una cura?

“Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante, la conoscenza dei tumori è cresciuta in modo esponenziale” .

E la conoscenza delle terapie?

“C’ è un farmaco che ha superato la fase II di efficacia, un inibitore di parp, l’ olaparib, in vitro pare che elimini in maniera selettiva i buchi del Dna”.

La comunità scientifica ha riconosciuto che gli inibitori di parp sono serviti a poco…

“Perché erano poco specifici, questo è molto specifico”.

Vuol dire che non andrà bene per tutti?

“No. È adatto a chi ha i geni BRCA1 e 2 mutati”.

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