Una pillola da prendere tutti i giorni per prevenire il tumore alla mammella, da suggerire alle donne che non hanno ancora sviluppato il cancro ma rischiano più delle altre. Nel 2013 si è arrivati alla farmaco-prevenzione. Le nuove linee guida sono state messe a punto negli Usa, precisamente dalla “US Preventive Services Task Force” ma sappiamo che anche il sistema sanitario inglese NICE è sulla stessa lunghezza d’onda.

Ce ne aveva parlato Bernardo Bonanni, responsabile della prevenzione oncologica allo Ieo di Milano, all’indomani della decisione di Angelina Jolie di sottoporsi a doppia mastectomia per evitare di ammalarsi come la mamma e la zia. L’attrice è portatrice del gene mutato BRCA, alterazione che comporta un’alta probabilità di sviluppare il tumore. Ecco l’intervista a Bonanni.

La pillola “magica” suggerita dal comitato di salute pubblica americano è in commercio dagli anni Sessanta, è il tamoxifene (o il raloxifene). Un antiestrogeno. Lo stesso che fa parte della terapia mirata dei tumori mammari quando esprimono i recettori positivi agli ormoni. E che per questi motivi non è mai stato dato alle donne che non hanno un tumore ormono-sensibile, ovvero per trattare gli Her2 positivi o i tripli negativi, perché, si diceva (e si dice tuttora) che non serve a niente.

E allora la domanda sorge spontanea.

Perché il tamoxifene come preventivo – ossia dato prima che si manifesti il tumore che potrebbe essere un Her2 positivo o un triplo negativo– va bene indistintamente a tutte? Dagli Usa all’Europa? Perché ci si dimentica dei recettori, conditio sine qua non per assegnare qualsiasi farmaco? Forse l’antiestrogeno funziona sempre? E perché non ce l’hanno mai detto?

E perché l’attenzione non è caduta invece su un’altra molecola (fenretinide, derivata dalla vitamina A) che studi di fase I, di fase II e successivo multicentrico hanno mostrato che dimezza la ricaduta di tumore mammario di tutti e tre i tipi, quello positivo a ormoni, a Her 2 e triplo negativo?

Attenzione però: tamoxifene e raloxifene non si possono prescrivere a tutte le donne ad alto rischio, perché possono provocare trombi venosi e cancro all’endometrio. Quindi, ricordano gli esperti, spetta al medico valutare caso per caso.

Ma perché i sistemi sanitari non propongono alle donne a rischio vitamina A, vitamina D, vitamina E?

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