Arriva da Miami lo scienziato che “sperimenterà” Stamina. Si chiama Camillo Ricordi, è professore di ingegneria biomedica e direttore del centro trapianti e ricerca del diabete all’Università di Miami. Dal 1985 è membro della commissione della Food and Drug Administration per la processazione e caratterizzazione dei prodotti cellulari. Ricordi discende dalla famiglia che nel 1808 fondò l’omonima casa editrice musicale.

Professore, Davide Vannoni ha annunciato che Stamina verrà sperimentata nel suo centro di Miami la seconda settimana di gennaio.

“Si è creata confusione sulla parola sperimentazione. Non faremo trial clinici, non siamo collaboratori di Vannoni. Mettiamo a disposizione il programma Fast Track for Testing del centro trapianti cellulari di Miami per la caratterizzazione biologica dei prodotti cellulari. Lo abbiamo fatto anche con altre biotech. Testiamo la vitalità delle staminali, la composizione, ne esaminiamo la sicurezza o pericolosità. Faremo anche le prove dei markers neuronali”.

Se lei non è un collaboratore di Vannoni, come mai ha preso questa decisione?

“A proposito dei pazienti trattati con cellule Stamina c’è stato un effetto aneddotico che val la pena approfondire. Ci sono effetti biologici evidenti sui malati trattati, per questo non butterei via tutto quello che c’è stato ma partirei da qui: non si tratta di dimostrare la tossicità su modelli animali, questa fase è già stata superata.”

Come fa a dire che ci sono effetti biologici evidenti?

“Ho incoraggiato Stamina a pubblicare i case report ( il resoconto dettagliato dei pazienti che hanno ricevuto le infusioni ). Ho ricevuto materiale di una neurologa che ha analizzato dimezzamenti di episodi di saturazione di ossigeno sul morbo di Krabbe e di Marcello Villanova (esperto di Sma) che ha valutato miglioramenti importanti sulle patologie di cui è specialista”.

Una verifica scientifica può trascurare dati evidenti?

“Vorrei che si capisse che la mia posizione non è contro la verifica scientifica. Affatto. Io dico: partiamo da qui, non ha senso tornare indietro ai test sugli animali. Da un lato testiamo le cellule in laboratorio, dall’altro Stamina pubblica i primi lavori, anche se incompleti”.

Cosa si aspetta di trovare nelle cellule Stamina?

“Non lo sappiamo e lo vedremo. Un anno fa abbiamo analizzato i prodotti cellulari di una biotech americana, erano anch’esse staminali mesenchimali, ma non superarono il test di vitalità, erano cellule morte”.

Accetterebbe di far parte della prossima commissione di esperti nominata dal ministro italiano Lorenzin?

“Ho già incontrato il ministro, in passato, ci siamo confrontati sulla questione e le ho dato la mia disponibilità. Sicuramente potrei suggerire i nomi di esperti che a livello internazionale stanno conducendo trials sulle staminali mesenchimali. Al momento ce ne sono centinaia in tutto il mondo”.

Quanto costerà analizzare le cellule Stamina e chi pagherà.

“Stiamo valutando i costi, dovrebbe essere sui 15mila euro per i reagenti. L’accordo lo stipulerà il mio gruppo con Stamina, fra i sostenitori di Stamina c’è senz’altro Medestea.”

In quanto tempo i risultati?

“In due settimane, forse tre”.

Lei ha detto che farete le prove dei markers neuronali, significa che saprete dire se le cellule mesenchimali che tratta Vannoni diventano neuroni come quelle che si stanno sperimentando al Policnico di Milano su una grave malattia degenerativa?

“Esattamente, anche se la differenziazione completa si ha spesso in vivo. Prendiamo le cellule che producono insulina, in laboratorio si differenziano fino a un certo stadio, in vivo la differenziazione si completa. Con i nostri test riusciremo però a dire se si formano i precursori che possono aiutare a formare i neuroni. Anche se non entreremo nel merito dei meccanismi, dobbiamo fare una valutazione di sicurezza come ci è già capitato di fare altre volte”.

È vero che lei ha dichiarato che le staminali mesenchimali non sono farmaci?

“Ho detto che in Usa c’è un grande movimento di opinione, di cui fanno parte anche medici e ricercatori, che a proposito delle cellule autologhe, prelevate dal paziente stesso, chiede un accesso diverso da quello previsto per i farmaci (che devono superare tre fasi di studio in un tempo compreso fra i 15 e i 20 anni). Sono pazienti colpiti da malattie degenerative senza cura. Su questo sono d’accordo, non si sta introducendo un vaccino ma cellule dello stesso paziente, sono trattamenti ad personam. Diverso è il discorso dei prodotti cellulari allogenici che verrebbero distribuiti in modo massiccio, qui occorrono i trials, bisogna arrivare alla dose perfetta”.

Lei è stato critico sulle clausole imposte a Vannoni per avviare la sperimentazione.

“Sì, penso che nella prima fase di una sperimentazione non si debba modificare nulla. Vannoni usa il siero fetale bovino? Se è certificato e proviene da Paesi senza mucca pazza perché non farglielo usare? Come si può pretendere di testare un metodo se lo si cambia da subito?”

Lei è il promotore di The cure Alliance, cos’è?

“Sto dando voce a un movimento di pensiero e a fondazioni no profit che contestano l’immobilismo nella ricerca. Sta diventano sempre più difficile portare le terapie a livello clinico (per il cancro, le malattie degenerative, le malattie cardiovascolari e il diabete), si spendono troppi soldi e si protraggono le ricerche troppo a lungo. Molti Paesi stanno modificando le regole, il Giappone, Le Bahmas, l’Inghilterra. Non si tratta di deregulation, cioè di fare a meno delle verifiche scientifiche ma di velocizzare i passaggi e di arrivare a risultati”.

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