Imma Florio, pediatra esperta in Leucodistrofie, è il medico curante della piccola Sofia De Barros, la dolcissima bimba malata di Leucodistrofia metacromatica che tutta l’Italia ha conosciuto grazie ai servizi delle Iene.

Tralasciamo per il momento di parlare della salute della piccina (anche se ci sarebbe da indagare assai, perché Sofia con le staminali aveva ridotto moltissimo i suoi disturbi e ora sta peggiorando).

Imma Florio è stata interrogata dai Nas come persona informata dei fatti nell’indagine Stamina. E anche lei, come il neurologo Giuliano Mastroeni, nel fascicolo delle indagini preliminari, compare fra i “medici pentiti” senza esserlo.

Per capire cosa è successo, però, facciamo un passo indietro.
Florio ha saputo dal quotidiano la Repubblica di essere indagata (ma non lo è mai stata!) Leggete l’articolo del 18 gennaio. Eccolo.

Secondo il codice di procedura penale, un pubblico ministero non ha
l’obbligo di informare immediatamente il cittadino sottoposto a indagini ma quest’obbligo – e dunque la notifica – subentra quando si ritiene necessaria la difesa. La comunicazione, a questo punto, comprenderà le norme di legge che si considerano violate dall’accusato.

Ebbene, la pediatra non fu indagata allora e non lo è oggi ma è comunque finita, assieme a Marcello Villanova, il neurologo di Bologna esperto di Sma, in un unico calderone con i medici di Brescia che hanno ricevuto l’avviso di garanzia.

Nel pezzo si dice che le posizioni di Florio e Villanova “sono al vaglio”. Poche battute sulla tastiera e il dubbio è insinuato. Repubblica va dove la porta la Procura.

L’opera si compie con la ripresa della notizie da parte di altre testate e dei social network, “indagati anche la pediatra di Sofia e Marcello Villanova”.

E dato che la fonte dei giornalisti che si occupano di giudiziaria è la procura stessa, è logico pensare che qualcuno avesse interesse a…in-ti-mi-di-re i due professionisti “usando” i due cronisti.

Oltrettutto sappiamo che per la vicenda Stamina decine di persone sono state chiamate come informate dei fatti senza per questo finire sui giornali. Noi ne conosciamo più di una, tuttavia e, per fortuna, su costoro è calato un rispettoso silenzio. Privacy. Invece i nomi di Florio e di Villanova… oops, sono sfuggiti.

Di quali colpe si sono macchiati i due medici per meritare la gogna pubblica?
(Insistiamo su questa scorrettezza perchè la procura sapeva già che entrambi erano estranei alle accuse che gravano su Stamina!)

Sono i massimi esperti italiani di malattie rare di cui soffrono molti bambini che hanno fatto le infusioni. Marcello Villanova per la Sma (nel suo curriculum compare uno stage all’università di Newark, assieme al professore John Bach, il massimo esperto mondiale di Sma. Al suo rientro in Italia, era il 2001, Villanova importò quelle tecniche di assistenza respiratoria fondamentali per arginare le complicazioni respiratorie di questi bambini).

E Imma Florio per le Leucodistrofie. Entrambi hanno registrato miglioramenti MAI OSSERVATI NELL’AMBITO DELLE MALATTIE DI CUI SONO ESPERTI nei loro pazienti e lo hanno dichiarato. Punto.

Ma questo non s’ha da fare.

Andiamo oltre.

Sentite come è andato il “colloquio” in procura fra Imma Florio e il carabiniere dei Nas sostenuto da un’ematologa del Sant’Anna di Torino.

La professionista è stata accusata: di aver preso soldi da Vannoni, di aver fatto “da tramite” fra le famiglie e Stamina (“l’avessi saputo mi sarei presentata con l’avvocato” dice ora che sta meditando di sporgere querela).
Non solo, anche frasi come: “Lei non sa cosa rischia, si rende conto di cosa ha fatto, ha rischiato una segnalazione all’ordine dei medici….”. E come benservito: “Chi è lei? Che competenze ha? I suoi attestati e il suo dottorato sono carta da bagno”.

È successo alla Procura di Torino il 10 gennaio. Imma Florio, (997 assistititi alla Asl di Benevento), un dottorato in Neuroscienze dell’età evolutiva e due stage all’università di Camden (New Jersey) dove insegna Paola Leone, esperta mondiale in Leucodistrofie, racconta:

“Quando si è presentato in ambulatorio il carabiniere con l’avviso di convocazione, ero quasi contenta. Ho pensato che sarebbe stata un’occasione preziosa di chiarimento – ammette – Mai e poi mai mi sarei aspettata quei toni sprezzanti, quell’incalzare di domande assurde senza che le mie spiegazioni trovassero riscontro e soprattutto di leggere le parole che mi sono state attribuite sul verbale divulgato alla stampa (sono ancora convinta che questa parte delle indagini debba restare riservata)”.

Leggiamo il verbale. Imma Florio compare assieme ad altri due medici alla voce “mezzi”, ossia, secondo l’accusa, tre professionisti (uno dei quali è Giuliano Mastroeni) “sono stati usati dall’organizzazione criminale” (esattamente come i genitori sarebbero stati raggirati, peccato che nessuno si sia degnato di sentirli). Di lei è scritto: “Consapevole di non essere in grado di definire il nesso causale tra lo stato di salute e le somministrazioni dei preparati del metodo Vannoni del quale non sa nulla, di poter essere stata usata impropriamente, di aver espresso informazioni sbagliate su questo presunto trattamento medico…”.

Spiega Florio: “Certo che non so quante cellule staminali ci sono
Nelle fiale, non ho mai messo piede nel laboratorio di Brescia. Ma
non è compito mio questo. Non ho mai detto di essere stata usata da nessuno!”.

Chi l’ha interrogata?

“Un carabiniere dei Nas e una dottoressa dell’ospedale Sant’Anna di Torino, ematologa”.

Ed è andata fino a Torino da Benevento?

“Sì, avevo chiesto di potermi presentare a Napoli o a Salerno (tutti i
medici sono stato sentiti nelle loro città), ma mi hanno risposto che non era possibile. Ho abbandonato l’ambulatorio e sono andata a Torino, 350 euro di spese a mio carico per sentirmi umiliare senza un avvocato accanto”.

Ma perché avrebbero dovuto denunciarla all’ordine, quali sono le “colpe” di Imma Florio?

“Le colpe secondo loro? Vorrei saperlo… Ho conosciuto Sofia un anno prima della sua prima infusione, aveva due anni e mezzo. Non era un bel periodo per lei, si agitava molto, non riusciva a mangiare, suggerii visite specialistiche (pneumologo, fisioterapista) e una terapia nutrizionale di supporto per farla aumentare di peso che, in un primo tempo, portò ai risultati sperati. Poi, però, seguì un nuovo un tracollo. Sofia perse un chilo e 800 grammi, a quel punto fu ricoverata a Brescia ma non sapevo neppure che quella degenza fosse per le staminali. Mi è stato chiesto se avessi presentato io Vannoni ai genitori di Sofia. Io ho risposto di no, non sapevo chi fosse. E loro a insistere: ma allora perché lo ha aiutato? Mica sono andata in giro a dire che merita il Nobel, ho solo riferito quello che ho visto: i benefici dopo le infusioni (da quando in qua, l’aiuto sta nel riconoscere un dato di fatto?). Sofia gridava (e ha ripreso a gridare) per le distonie, di giorno e di notte, vomitava e deperiva. Dopo il primo trattamento questi sintomi si sono attenuati, ancor di più dopo il secondo…”

E loro?

“Hanno chiesto quali medicine prendesse la bambina. Quando l’ematologa ha saputo delle tre goccine di calmante ha stabilito che fosse quella la causa della sua maggior serenità.”

Ma non le prendeva anche prima le gocce?

“Esatto. È quello che ho fatto notare anch’io. E poi c’è il discorso del vomito. A Sofia diamo anche un farmaco per la colecisti, secondo la dottoressa incaricata dalla procura è per quello che la bimba ha smesso di vomitare, io replicavo che assume entrambi i farmaci da sempre. E lei metteva a verbale parole come ‘casualità e coincidenze’.”

Dunque la sua colpa è non aver nascosto i miglioramenti di Sofia.

“A un certo punto ho smesso di rispondere, ogni volta che replicavo, la mia posizione veniva travisata. Mi hanno chiesto quante telefonate ci sono state tra me e Vannoni (pensi che l’ho visto una sola volta, da lontano, a Napoli), quanti soldi mi avrebbe dato lui e quanti me ne danno i genitori di Sofia per muovermi da Benevento. Io non prendo un euro per spostarmi. Ho scelto di occuparmi di Leucodistrofie, ho il mio stipendio come pediatra Asl, seguo molti piccoli gravemente malati (anche di tumore). E quando vado a domicilio non chiedo nulla, fa parte del mio lavoro.”

E loro?

“Facevano di tutto per sminuirmi: chi è lei che si sposta da Benevento a Firenze? Come a dire: non ce la racconti giusta. Io spiegavo che avevo iniziato ad approfondire questo tipo di malattie da quando ho avuto un nipotino malato, per questo ero stata nel New Jersey da Paola Leone, una delle massime esperte di Leucodistrofie e mi hanno risposto che quell’attestato è carta da bagno…”

E poi?

“Che visto che non ho fatto alcuna pubblicazione, non sono in grado di visitare, come ho potuto dire io che Sofia stava meglio..?”

Ma come, le hanno dato dell’incompetente..?

“Avevano un’idea preconcetta in testa e volevano adattarle i fatti. Mi hanno terrorizzata e umiliata più volte, mi hanno dato della prezzolata”.

Di cosa si pente?

“Di nulla. Ho sostenuto la famiglia De Barros e continuerò a farlo come cerco di fare con tutte le famiglie dei miei piccoli pazienti. Quando ho detto che nessuno aiuta queste famiglie mi hanno risposto che i genitori di Sofia sono difficili”.

E come l’hanno congedata?

“Dicendomi che sono troppo buona, come si dice di una persona ‘buona e tonta’.

Eh già, chi è abituato a FARSI PAGARE sempre non arriverà mai a capire il comportamento di chi REGALA.

Per amor di verità riportiamo le ragioni che hanno indotto la mamma di Sofia, Ceterina Ceccuti, a rivolgersi alla pediatra Florio, “la dottoressa che le ha cambiato la vita”, pubblicate sulla sua pagina Facebook.

Una sera d’inverno del 2012 spulciavo internet in disperata ricerca di informazioni riguardo la Leucodistrofia Metacromatica. Ero a pezzi. Sofia era malata da un anno quasi, non dormiva mai, non mangiava e non faceva che piangere. Io e Guido ci sentivamo sempre più soli e straziati. Dalla malattia, dalla nostalgia della nostra vita di prima, dalla sofferenza costante di Sofia. Quasi per caso troviamo il contatto della Professoressa Paola Leone, direttrice del Sell & Gene Therapy Center dell’Università del New Jersey, tra i principali esperti mondiali di Leucodistrofia. Senza troppo crederci decidemmo di tentare questa chiamata internazionale. La Professoressa Leone rispose dopo pochi squilli, fortunatamente si trovava in dipartimento. Ricordo che di lei pensai questo: una professionista seria di rara umanità, sensibile, gentile.
“Vivo tutto il giorno a contatto con bambini affetti da patologie gravissime come vostra figlia -ci spiegò-. I genitori che mi chiamano sono sempre genitori come voi, afflitti da un dolore straziante. Questa è la mia normalità. La vostra è quella di avere una bambina malata purtroppo. E’ una cosa che dovete accettare. Però è anche una cosa che dovete cercare di ostacolare facendo tutto il possibile per innalzare la qualità della vita di vostra figlia, come del resto cerco di fare io in veste di medico con la mia ricerca. Ecco, a tal proposito vi do il numero della Dottoressa Imma Florio, è una pediatra che esercita a Benevento, ma ha un cuore sconfinato e s’impegna anima e corpo nel seguire le famiglie con bambini leucodistrofici che contattando me cercano aiuto in Italia. Anche lei ha un nipotino malato quindi saprà capirvi e consigliarvi sempre. Fidatevi, l’ho incontrata diverse volte qui da me negli Stati Uniti per seguire insieme alcuni bambini italiani. Credo che quella donna meriti un monumento, da qualche parte, e che qualcuno dovrebbe fargliene uno, prima o poi”.
Con queste parole la Professoressa Paola Leone, a cui non saprò mai dire sufficientemente grazie, presentò a me, Guido e Sofia la dottoressa che ci ha cambiato la vita, insegnandoci a tirare su la testa, perchè l’orrore della malattia non si affronta a testa bassa. E a tenerla su sempre, per essere in grado di allungare lo sguardo all’orizzonte e cercare di continuo la strada migliore verso la dignità del malato. Io certe volte volevo morire. Lei mi ha risposto sempre: “Non te lo puoi permettere devi pensare a Sofia
”.

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