“…Ero ammalato e mi avete visitato” (Matteo, 25,31-36)

 

In questo verso del Vangelo, Gesù cerca di spiegare ai discepoli come sarà il giudizio finale. Gli allievi non capiscono e domandano: “Quando, Signore, ti abbiamo visto affamato, assetato, malato?”Il maestro risponde: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Comincia con questa citazione del vangelo di Matteo l’intervista al neurologo Marcello Villanova. Da 24 anni si occupa di malattie neurodegenerative, da 14 è responsabile dell’Unità di riabilitazione neuromuscolare all’ospedale Nigrisoli di Bologna, il posto che lui definisce come  “il centro del malato e non della malattia”.

“Davanti a una persona con grave disabilità non puntiamo sulle funzioni perse ma su quelle rimaste. Ad esempio, nella Sma 1, la forma più grave tra le Sma,  il lavoro sull’unico dito della mano che si muove può migliorare la qualità di vita di quel paziente, in genere bimbo”. Già. Non si guarda a quel che non c’è più ma a come potenziare quello che c’è ancora. E pazienza se è poco, davanti al benessere anche una quantità misurabile diventa relativa.

Al Nigrisoli arrivano  600 pazienti l’anno. Non c’è solo Villanova ma un’intera equipe che si occupa di muscoli che non funzionano, di mobilità compromessa, di disturbi respiratori, di dolori, di effetti collaterali, di giochi, di dialogo, di motivazioni, di desideri da avverare, “la vera morte ti coglie quando si fanno a pezzi i valori”, dice lui. Prima di approdare a Bologna, Villanova è stato in Belgio, in Francia e negli USA, da John Bach, considerato il numero uno della Sma. Da lui ha appreso le tecniche respiratorie che hanno permesso a chi soffre di malattie neuromuscolari di evitare le crisi respiratorie da soffocamento evitando la tracheotomia, l’incisione della trachea, pratica invasiva e molto diffusa in Italia prima dell’introduzione delle tecniche di assistenza alla tosse del professor Bach. Qui il suo curriculum.

Lo abbiamo cercato perché è uno dei medici – assieme a Imma Florio e a Giuliano Mastroeni – testimone dei miglioramenti dei pazienti che hanno fatto le infusioni Stamina e che hanno avuto l’onestà, prima, e il coraggio poi, di riconoscerli.

Ma che per questo, come Florio, è finito sui giornali come “indagato” quando indagato non lo è mai stato. È stato ascoltato dai Nas due volte, a Bologna e a Torino, da persona informata dei fatti.

Eccolo qui, Marcello Villanova. A dirci: “Sono un medico cattolico, ho sentito forte l’esigenza e la responsabilità etica di tutelare queste famiglie e di parlare per loro. Ho l’impressione che in questa storia siano stati calpestati anche i valori del Vangelo: “ero ammalato e mi avete visitato…”, sono queste le parole messe sulle labbra di Gesù da Matteo. In questa storia, sicuramente complessa, ci sono stati medici che non hanno voluto né visitare gli ammalati, né guardare la loro storia clinica. Mi riferisco soprattutto al primo comitato ( quello che venne giudicato di parte dal Tar ). Mi chiedo: perchè la Chiesa non interviene? La Chiesa dei cattolici dovrebbe sollevarsi per l’indignazione…”

In che modo?

“Non spetta alla Chiesa il giudizio scientifico ma richiamare i medici al rispetto della solidarietà, della carità sì. Anche da non credente un medico dovrebbe essere solidale con l’ammalato”.

E poi? Cos’altro potrebbe fare la Chiesa?

“Far notare ai politici di area cattolica – e che sono stati eletti con i voti dei cattolici – che in questa storia non si può prescindere dall’ascoltare in primis le famiglie e i pazienti anche se hanno fatto scelte non condivise dal mondo scientifico. I ministeri sono stati creati dall’uomo per essere al servizio dell’uomo”.

Cosa l’ha toccata di più in questa storia?

“Che i malati hanno anche il diritto a non soffrire ma questo non se lo ricorda più nessuno. Sono sempre stato scettico sulle infusioni, come lo sono davanti a qualsiasi terapia nuova, però se un genitore mi dice che suo figlio sta meglio e se vedo muoversi gambe che prima stavano ferme, qualche domanda devo farmela, sennò vuol dire che ho sbagliato mestiere”.

Cosa ha visto dopo le staminali?

“Dopo la seconda infusione, Sebastian, malato di Sma1, mostrava evidenti miglioramenti, più forza e movimenti nelle braccia e nelle gambe, controllava meglio anche la testa. Abbiamo i video che lo ritraggono. Oggi il bimbo, che ha interrotto le staminali a dicembre 2013, ha perso tutto quello che aveva conquistato…”

E poi, chi altro?

“Celeste, anche lei con la Sma1, ha ottenuto miglioramenti sorprendenti. L’ho vista diverse volte a cominciare da quando non aveva fatto neanche un’infusione a Brescia. Ho avuto modo di visitare la bimba anche con il professor Bach durante un meeting a Venezia. Anche Bach ha confermato e certificato i miglioramenti clinici ottenuti da questa bimba, anche lui è rimasto sorpreso dal miglioramento del punteggio sulla scala internazionale Chop.  Anche lui, come me, ha sempre ritenuto che questi siano di grande interesse scientifico e che meritino un adeguato approfondimento”. (La foto ritrae un momento del meeting 2013, da sinistra Villanova, in primo piano Bach).

Ha potuto raccontare dei miglioramenti ai colloqui con i Nas?

“Non c’è stato tempo”.

In entrambi i colloqui?

“Si”.

Ma cosa le è stato chiesto?

“Se fossi a conoscenza del contenuto delle infusioni. E  ho spiegato loro che il mio compito è stato quello di osservare il malato, di registrarne i cambiamenti, di redigere un’anamnesi…”

E poi?

“Mi è stato chiesto se avessi mai prescritto queste infusioni. Io non l’ho mai fatto, i miei pazienti arrivavano già informati ma…”

Ma..?

“In teoria avrei tutto il diritto di prescrivere. Se trovassi il modo di alleviare un dolore, di far star meglio un malato, in  scienza e coscienza prescriverei questo rimedio anche a costo di andar contro le linee guida”.

Ma questo l’ha detto ai carabinieri?

“No. È un principio etico. Nella dichiarazione di Helsinki sottoscritta dall’associazione medici mondiale nel 1964 si intende anche questo: il medico, dopo avere ricevuto consenso informato del paziente è libero di usare mezzi terapeutici anche non provati e/o nuovi, qualora a suo giudizio essi rappresentino una speranza di salvare vite o alleviare sofferenze. Oggi, purtroppo, la Medicina è diventata Scienza, i paletti imposti da regole ferree lasciano poco spazio alla “coscienza” del medico. Da tutto ciò non può che nascere un conflitto tra scienziato e medico. L’obiettivo del primo è il progresso della medicina, del secondo la salute del proprio paziente. In questi mesi spesso mi sono chiesto quale diritto abbiamo noi di dire no a un padre e a una madre, preoccupati per la sorte dei loro figli, e che hanno forte la sensazione che quel qualcosa che gli stiamo negando possa essere utile anche solo ad alleviare sofferenze. Non possiamo spegnere le loro speranze soprattutto se ci rifiutiamo di ascoltarli. A meno che non si sappia dimostrare loro il contrario. Risultati preliminari oggi ci dicono che le staminali mesenchimali stanno avendo sempre più spazio e successo nelle malattie neurodegenerative”.

Dica qualcosa al ministro.

“Mantenga separati il fronte delle indagini della procura di Torino dalle libere scelte delle famiglie. Nelle case non ci è andato nessuno. Non possiamo non dare importanza a genitori che fanno di tutto perchè i loro figli vivano. Dobbiamo cogliere di questa vicenda anche questo straordinario aspetto: le famiglie si battono per un valore non negoziabile che è la VITA. Non mi sarei mai permesso di far notare i miglioramenti se non li avessi visti con questi occhi e se non sapessi che da certe malattie, come la Sma1, non si migliora mai…”

Sulle cure compassionevoli?

“Quando si fa una sperimentazione ci si chiede quali siano i benefici per tutta la comunità, è indispensabile sperimentare su una popolazione uniforme e raccogliere dati certi. Quando si fa una cura compassionevole si cerca di alleviare la sofferenza del singolo e non ci si preoccupa di raccogliere dati universali”.

Perchè non scrive uno studio su questi miglioramenti?

“Lo studio sarebbe un case report, un resoconto singolo di miglioramenti ottenuti in via compassionevole e nella comunità scientifica non verrebbe considerato, spero sempre in uno studio allargato che sia in grado di arrivare a dati certi, utili a tutta la comunità scientifica. Nel mio piccolo, sto raccogliendo dati in modo indipendente”.

Cosa direbbe a Vannoni?

“Di chiarire tutti gli aspetti nebulosi, è il modo per estendere questa terapia ed aiutare le famiglie ed i bambini”.

Cosa pensa dei genitori?

 “Li ammiro e li rispetterò sempre. Tutti i miei pazienti, malati di Sma e di distrofia, non potrebbero mai sopravvivere senza l’amore straordinario dei loro genitori, senza la loro dedizione quotidiana e la loro volontà di capire. L’ amore tenace rafforza anche la ragione..sì, spesso i genitori arrivano prima degli altri…”

 

 

 

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