Il governo progetta di togliere alla Sanità sette miliardi nei prossimi tre anni. Il ministro ha già detto che “i medici dovranno prescrivere meno esami”. Casomai il diktat non venisse rispettato, si è decisa anche la pena: al dottore disobbediente verrà decurtato lo stipendio.

Lorenzin ci rassicura: “Ribadisco che sono contraria a tagli, difenderò il fondo sanitario così com’è per il 2016 e difendo l’applicazione del Patto per la salute, che prevede che i risparmi non sono tagli: i risparmi che vengono effettuati grazie a misure di maggiore efficienza, infatti, vengono reinvestiti nel Servizio sanitario, e noi abbiamo già quantificato questi risparmi in 10 miliardi in 5 anni. Il governo non ha deciso di tagliare la Sanità; il governo ha posto dei tagli agli enti locali e le Regioni hanno deciso che avrebbero rinunciato all’incremento del fondo sanitario.”

Lorenzin chiama i tagli “risparmi”. E dice che quanto si risparmierà verrà reinvestito in Sanità. Che è come dire: se uno stipendio non basta più in famiglia e si è deciso di spendere meno, poniamo in ‘spese mediche’, quel denaro messo da parte finirà ancora in spese mediche.

Il ministro dovrebbe spiegare dove andranno a finire questi “tagli-risparmi”.

Nell’acquisto di farmaci sempre più cari?

Si parla di ridurre le ecografie ma mai di assottigliare le ricette delle medicine. Sentito da un medico di base: (“Da un giorno all’altro è stata abbassata la soglia d’allarme per la glicemia. E siamo stati invitati a prescrivere molti più anti-diabetici”). E chi ci garantisce che anche le soglie limite del colesterolo o della pressione arteriosa non siano state artefatte? E quelle delle altre malattie croniche? Possibile che al ministro sfuggano dettagli così importanti? 

Ma Lorenzin ci rassicura: non sono tagli questi, solo risparmi. Per la serie: le parole ci confortino, come una ninna nanna.
Se ristrettezza deve essere perchè non cominciare dall’inutile? Ogni anno si spendono 39 milioni di euro per offrire il vaccino anti-papilloma alle dodicenni benchè nessuno ci sappia dire se e quanto serve allo scopo per il quale è stato progettato. Visto che non è in corso nessuna pandemia da papilloma virus, si lasci il tris di vaccini a pagamento.

Perchè poi non rivedere i contratti con le aziende che forniscono l’anti-influenzale? Se ad acquisto fatto, si scopre – come accaduto pochi mesi fa con il Fluad – che il vaccino non protegge dai virus o che l’influenza paventata non arriva – come accaduto anni fa con l’Aviaria – le aziende restituiscano il denaro. È la prima regola di economia domestica: se l’asciugacapelli o il televisore non funzionano, si viene rimborsati.

E che dire dell’astrusa concertazione – fra aziende-ministero-Aifa – per spingere il farmaco più caro nella cura della maculopatia senile (Lucentis) e nascondere il più economico (Avastin)? Eppure distribuendo il rimedio meno caro e altrettanto efficace si risparmierebbero 350 milioni di euro l’anno. Cliccate qui.

Infine, chissà quanto dei tagli-risparmi di oggi finirà nell’acquisto dei farmaci oncologici approvati dalla Fda proprio nel 2014. Le Big Pharma hanno fissato un prezzo di oltre 120mila dollari per anno di utilizzo (!!!), gli Stati Uniti stanno ripensando al loro sistema di rimborsi (il reddito medio lordo di una famiglia americana è di 60mila dollari). Perfino gli oncologi si stanno ribellando. Cliccate qui.

E noi? Abbiamo mai rifiutato un cent a una Big Pharma?

E abbiamo mai sentito un nostro ministro trattare sul prezzo? O un presidente di Regione indignarsi? 

Concludo riportandovi le parole di Silvio Garattini, il noto farmacologo a lungo impegnato su più fronti, quello di direttore del Mario Negri (istituto di ricerca e fabbrica di farmaci) e di membro della Commissione farmaco, l’Aifa insomma, e ora scelto come tecnico nel Consiglio del ministero (a giudicare dagli eventi però sta dimostrando di avere solo la facoltà di parola, quella di azione gli è stata inibita…).

Ecco le parole: “È irrazionale prescrivere farmaci che non servono o sono molto costosi, quando ce ne sono di ugualmente efficaci e più economici”. 

Poi: “È necessario rimettere mano al Prontuario terapeutico nazionale che non viene rivisto da oltre 20 anni, ed è assurdo”. 

Ancora: “Bisogna fare molta pulizia, togliere le cose che non servono più o che sono molto costose rispetto ad altre, a parità di efficacia. Lo spirito non è quello di limitare la libertà dei medici o i trattamenti ai pazienti, ma di garantire ai malati tutto ciò che serve purché supportato dall’evidenza. Se ci pensiamo bene, è esattamente ciò che facciamo tutti ogni giorno nelle nostre famiglie e nelle nostre case”.

Parole, soltanto parole: i nuovi brevetti bussano con prepotenza alla porta: Big Pharma chiama, l’Italia risponde. E onora i pagamenti anticipo.

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