non nocereEcco la seconda puntata sulle Medicine complementari in oncologia. Oggi parliamo di due ospedali milanesi, l’Istituto dei Tumori e il Sacco.

Fra le prime regioni a occuparsi di terapie alternative c’è la Lombardia. Nel 1998, all’Istituto dei tumori di Milano, nasce Me.Te.C.O. (Medicine e terapie complementari in oncologia) con l’intento di coinvolgere i malati in progetti di ricerca (omeopatia, omotossicologia, agopuntura, nutrizione, medicina antroposofica elettromagnetismo e ultrasuonoterapia) . Fondato dal radiologo Alberto Laffranchi, il gruppo composto da 20 professionisti, interni ed esterni all’ospedale, studia il fenomeno delle terapie Complementari in Oncologia divulgando i risultati nei convegni.

Risalgono al 2002 le prime delibere della Regione che invitano gli ospedali lombardi a presentare studi sulle terapie complementari. In quegli anni furono approvati e finanziati (!) diversi progetti ma se ne realizzarono pochissimi perché i comitati etici li bocciarono. Fra le proposte dell’Istituto dei tumori, sostenute dal Cnr, la magnetoterapia “per ridurre le reazioni infiammatorie post intervento nei malati operati al massiccio facciale dopo recidiva” e, in collaborazione con l’ospedale di Cremona, l’impiego di calendula per prevenire l’eritema da radioterapie nelle donne operate al seno.

Grazie all’attività di divulgazione scientifica, Meteco meritò il premio Terzani per l’umanizzazione della medicina nel 2008

Quello che ci stupisce è che la ricchezza di conoscenze sulle terapie Complementari e la professionalità indiscussa del gruppo Meteco, dopo tanti anni, resti confinata alle pubblicazioni e alle organizzazioni di convegni e non possa arrivare al letto del malato. Il paziente che richiede un supporto alternativo è costretto a rivolgersi a uno specialista al di fuori dell’ospedale poichè né il sistema sanitario nazionale, né quello regionale considerano una risorsa questi rimedi alternativi.

Laffranchi è un medico che non ha timore di ammettere “che l’omeopatia funziona, pur senza comprenderne a fondo i meccanismi”. E di aver visto “decine e decine di disturbi risolti con rimedi omeopatici” su persone a cui era stato detto “di imparare a convivere con il proprio problema“.

Il fondatore di Meteco prosegue: “Da medici non possiamo restare indifferenti davanti a quei malati di tumore guariti ma afflitti da gravi lesioni iatrogene che ne pregiudicano la qualità della vita e vengono giudicate non curabili. Tanto meno possiamo arroccarci dietro a frasi del tipo ‘l’assenza di scientificità’ della cura per giustificare la nostra incapacità di saper curare il malato e non semplicemente la malattia, sentendoci così nel giusto…”

Fra gli effetti collaterali pesanti, Laffranchi cita l’osteoradionecrosi della mandibola (conseguenza della radioterapia prescritta nei tumori alla bocca), le lesioni da raggi, mucose e scheletriche che provocano dolori invalidanti. “Siamo convinti che la Medicina del terzo millennio debba essere una Medicina integrata che prenda in considerazione tutti gli strumenti disponibili, senza abbracciare con rigidità assoluta e preconcetta un orientamento medico, rinnegandone altri”.

Quale sarebbe il vantaggio di portare i rimedi alternativi all’interno dell’ospedale (oltre a quello economico, non di poco conto)?

“Il primo e più importante vantaggio è dato dal fatto che, se ai malati fosse concesso di ottenere una visita di un medico complementare all’interno del reparto oncologico, si sentirebbero più a loro agio, più accuditi e non cercherebbero soluzioni alternative al di fuori, tenendolo nascosto agli oncologi, come spesso succede. Poi, è fondamentale che chi prescrive rimedi di supporto conosca le interazioni con gli altri farmaci oncologici. Ad esempio gli antiossidanti non vanno assunti durante la radioterapia, l’iperico (o erba di San Giovanni) può interagire con vari principi attivi. Le interferenze e le sinergie sono un’infinità”.

Quanti malati di tumore aiutati con le terapie di supporto dal 1998?

“Sommando le prestazioni di tutti i professionisti, alcune migliaia”.

Diversa la realtà dell’ospedale milanese Sacco. Da quasi tre anni i malati di tumore possono richiedere una consulenza omeopatica per risolvere gli effetti collaterali delle terapie. Visite gratis, farmaci a pagamento.
A volere questo presidio alternativo è stato l’oncologo senologo Fabio Corsi. Professore associato di Chirurgia all’università di Milano, Corsi, opera e conosce molte donne operate al seno. “Le mie pazienti affrontano percorsi lunghi, talvolta tormentati, molte di loro sono costrette alla menopausa, alcune hanno bisogno di un antiestrogeno che può provocare forti dolori articolari. Abbiamo constatato che il supporto omeopatico le aiuta a non interrompere la terapia: allevia i dolori iatrogeni. E che, durante la chemio, in alcune pazienti più che in altre, elimina nausea e stanchezza”.

Come nasce l’idea dell’ambulatorio?

“Mi sono avvicinato all’omeopatia grazie ai miei figli, sui quali ho constatato gli effetti dei rimedi. Poi ho conosciuto diversi colleghi, medici preparati e competenti con diverse specializzazioni in medicine complementari. Non sono un omeopata, in ambulatorio proponiamo le combinazioni terapeutiche di scuola francese; Oltralpe è normale affiancare un supporto omeopatico alle terapie tradizionali. Il nostro approccio presuppone sempre una verifica seria. Abbiamo appena concluso un lavoro sull’arnica montana, prospettico e randomizzato, per verificare quanto l’arnica riduca il sanguinamento post intervento. Prima di avviare la ricerca, abbiamo ricevuto l’approvazione del comitato etico. Per il tempo del trial i farmaci ci sono stati offerti dall’azienda produttrice, Boiron”.

Perchè l’omeopatia è così osteggiata negli ospedali anche là dove si vorrebbe e si potrebbe dimostrarne l’efficacia con trial rigorosi?

“Il passo da fare è proprio quello di impegnarsi a dimostrarne la validità ma prima occorrono disponibilità e volontà”.

(2.Continua)

 

 

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