IMG_0278Alla scuola materna del comprensivo Carlo del Prete di Cassolnovo, in provincia di Pavia, durante la recita di Natale, Santa Claus si presenta con la faccia macchiata di rosso, in tinta con l’abito. “Ha il morbillo” spiega la maestra ai piccini attoniti.

Il Babbo è visibilmente mogio per via della febbre. Come potrà caricare la slitta al freddo e consegnare i regali a tutti i bambini del mondo? Ma ecco sopraggiungere gli angeli. Ce n’è uno che sostiene il Babbo grande e grosso, un altro che lo conforta e un terzo che gli pulisce il viso con dolcezza. Quindi, il miracolo: le macchie scompaiono, Santa Claus non ha più traccia di morbillo: è guarito grazie all’amore degli angeli e proprio perché qualcuno si è preso cura di lui.

La recita finisce fra gli applausi mentre la maestra-regista ricorda alla platea: “Mi raccomando, è importante vaccinarsi”.

Il dirigente del comprensivo, Massimo Camola, interviene dopo l’insegnante con queste parole: “Mi unisco all’invito della vostra maestra ma vi dico anche: non fatevi vaccinare dal Natale, cercate di vivere questo momento con intensità, ricercando il vero senso“.

Però. Non tutti i presenti hanno apprezzato il riferimento ai vaccini. Un papà ha scritto al dirigente: “Non spetta al personale scolastico spronare alle vaccinazioni, oltrettutto facoltative – ha scritto – Mi complimento con l’impeccabile organizzazione della festa ma dissento dal riferimento alle questioni vaccinali”. I familiari contrariati sono quelli che vivono il dramma di un conoscente che ha riportato un danno grave post vaccinazione. “Di vaccini dovrebbe occuparsi la Asl – interviene una mamma – ma questo non sempre accade, quando mio figlio ha avuto le convulsioni per una febbre post vaccino troppo alta, mi sono sentita appendere la cornetta in faccia dal personale che avrebbe dovuto accogliere la segnalazione. Allora, per comodità, si preferisce delegare il messaggio alle scuole che non sono in grado di informare correttamente, a scapito della libera scelta. Purtroppo, sui giornali e in tivù, il dibattito sulle vaccinazioni è presentato in modo unilaterale (“fanno benissimo, sono sicurissimi”) e chi ha avuto la sfortuna di sperimentare sulla propria pelle un effetto avverso grave è, ad oggi, considerato un fantasma”.

Il dirigente Massimo Camola smorza i toni della polemica. “Non immaginavo una reazione simile, risponderò per iscritto al papà che ha sollevato la questione. Posso rassicurare le famiglie che dietro questa nostra iniziativa non vi è alcun secondo fine, non abbiamo ricevuto pressioni o fondi dalla Asl, la recita è stata immaginata e costruita da una nostra insegnante: il significato è che l’amore salva Babbo Natale”.

Insomma, la proposta del Babbo Natale malato di morbillo è partita da una sola maestra. L’anno prossimo la approverebbe ancora?

“Se dovessi guardare al significato, che è quello dell’amore salvifico, direi di sì. Ma vista l’eco che ha avuto la parola morbillo preferirei immaginare un Babbo Natale col mal di pancia”.

Lei, da piccolo, ha fatto il morbillo o il vaccino?

“Ho fatto il morbillo”.

Il dirigente ha risposto a tutte le nostre domande, tranne una. Questa: cosa avranno capito i bambini da una recita simile?

Proviamo a immaginarlo noi. Non s’è visto Babbo Natale morire (grazie a Dio). E neppure soffrire per insopportabili dolori. Si può dedurre che febbre alta e macchie rosse passino stando a casa qualche giorno al caldo, fra le coccole di mamma e papà, angeli in carne e ossa.

Ed era proprio quello che succedeva quando erano bambini i genitori e i nonni dell’asilo Carlo del Prete.

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