Non solo corruzione e sprechi, la fetta più grossa dei costi della Sanità è rappresentata da terapie sbagliate (e perciò inutili) e dagli effetti collaterali dei farmaci.

È quanto emerge da un’indagine condotta dalla University of California di San Diego e pubblicata su Annals of Pharmacotherapy. Il portale Doctor 33 ne ha riportato oggi ampi stralci. Cliccate qui. Se non riuscite a leggerlo perché non siete iscritti, ecco una sintesi.

Negli Usa i costi degli imprevisti da terapia, nel 2016, sono stati 430 miliardi di euro: 528,4 miliardi di dollari sui 3.300 miliardi sborsati da assicurazioni e cittadini. Pari al 16% delle spese sanitarie totali. Tra eventi avversi e sprechi prescrittivi, ogni americano “pesa” 2.500 dollari, somme ingenti che potrebbero essere risparmiate.

E in Italia?

Spiega la situazione il presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri. Silvio Garattini ha riconosciuto che da noi “non esistono ricerche omogenee”. E che “i dati di farmacovigilanza sono lasciati alle segnalazioni spontanee che producono pochissimi dati. Peraltro – ha aggiunto – tutto il contesto di mercato è teso a magnificare i benefici del farmaco e a nascondere gli effetti tossici, considerati eventi che non si devono verificare: si fanno studi clinici controllati di efficacia, non se ne fanno sulla tossicità. Questi ultimi dati saltano fuori nel tempo, in modo anomalo ma non si quantificano prima.”

Ecco gli esempi citati da Garattini.

“Dei 10 principi attivi che molti anziani assumono ogni giorno quanti sono utili e quanti no? Noi conosciamo le interazioni tra due farmaci, non quelle su più di due principi attivi. Una statina salva una vita ogni 90 pazienti trattati, sugli altri 89 non ha questo effetto ma noi non sappiamo quanti degli 89 pazienti sviluppino effetti collaterali, possiamo solo immaginare ve ne siano”.

Il direttore del Mario Negri fa notare che quando un medico prescrive gli antinfiammatori, immaginandone gli effetti collaterali, suggerisce anche gli inibitori di pompa che “a sua volta generano costi a fronte di benefici da quantificare…”. E che dire delle emorragie da anticoagulanti?

Garattini ricorda che “in quanto attivo, un principio ha la sua tossicità” e conclude dicendo che “dovrebbe essere interesse del servizio sanitario pubblico indagare e ridurre quest’ultima”.

A proposito della necessità di sperimentare tutti i farmaci che un malato assume per poter chiarire le possibili interazioni, ricordo che Garattini mi illustrò questo concetto di persona quando andai al Mario Negri a intervistarlo sul Metodo Di Bella.  In sintesi Garattini spiegò che “è vero che i farmaci e le vitamine previste nel Metodo Di Bella hanno proprietà antitumorali prese singolarmente, ma tutte insieme non erano, e non sono, mai state testate” (a parte durante i tre mesi del 1998 quando la terapia fu bocciata).

Ci chiediamo perchè un ragionamento che valga per i farmaci non debba valere anche per i vaccini, quando somministrati a 6-8-10 per volta, con adiuvanti annessi.

Grazie alle spiegazioni di Silvio Garattini spiccano le criticità della legge sull’obbligo vaccinale. Non esistono studi approfonditi sui 10 vaccini obbligatori più gli eventuali 4 da somministrare a un lattante a pochi mesi di vita. Non solo. Non si sa nulla degli adiuvanti contenuti in ciascun vaccino e delle interazioni fra questi e il carico vaccinale.

A onor del vero, da quello che si sa (confronto bambini vaccinati vs non vaccinati) la bilancia della salute pesa a favore dei non vaccinati. Qui uno studio.

Altro che genitori no-vax, meglio chiamarli no-stupid...

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