Avevano concluso che “non vi sono prove affidabili dell’efficacia dell’omeopatia”. E poi aggiunto che “l’omeopatia non potrebbe funzionare per nessuna malattia”. Ma si trattò di un lavoro mal condotto.

Così ha stabilito una revisione del The Australian report pubblicata nell’agosto scorso. Il report uscì in Australia nel 2015, in Italia se ne parlò due anni dopo con grande risonanza mediatica. L’argomento conquistò la vetrina dei più importanti telegiornali (per più giorni) e fu trattato anche in diverse trasmissioni del mattino e del pomeriggio. L’omeopatia non funziona, valutò il Consiglio australiano per la ricerca medica NHMRC. Fine delle discussioni.

Invece, la revisione condotta da Anne Kelso, Ceo dello stesso NHMRC, ha messo in luce “gravi errori procedurali” nella conduzione del lavoro. Non solo, anche l’omissione di una pubblicazione analoga, eseguita con tutti i crismi e con risultati molto diversi”. Infine, un pesante conflitto di interessi, non dichiarato, del responsabile del comitato del NHMRC che condusse il report.

Va detto che dopo la pubblicazione di quel lavoro il governo australiano trovò il modo di non rimborsare ai pazienti i prodotti omeopatici.

Ma andiamo con ordine:

Le prove tenute nascoste.

L’NHMRC aveva curato due studi sull’omeopatia, uno nel 2012 e un secondo nel 2015. Ma dell’esistenza del primo rapporto si è saputo solo quando è stata fatta una richiesta di accesso agli atti da parte dell’Australian Homeopathic Association (AHA). Il primo studio giungeva a conclusioni opposte rispetto al successivo. Cliccate qui.

La richiesta anomala.

Nel valutare gli studi di omeopatia, l’NHMRC pretese di prendere in considerazione solo i lavori con almeno 150 partecipanti. Una richiesta mai fatta prima cui non obbedisce neppure l’NHMRC quando avvia i propri studi scientifici. Questa condizione capestro limitò la rosa delle pubblicazioni: 171 furono bollate come inaffidabili. Ammesse solo 5 e valutate negativamente.

Il conflitto di interessi.

Il presidente del comitato che ha condotto lo studio, Peter Brooks, aveva dichiarato di non avere conflitti di interessi mentre faceva parte di un’associazione dichiaratamente “contro” l’omeopatia.

Abbiamo chiesto a Elio Rossi, medico omeopata e responsabile dell’Ambulatorio di Medicina Omeopatica della Asl di Lucca, un commento sulla “riabilitazione” dell’Omeopatia.

“Non si tratta di una riabilitazione perché stiamo parlando della pubblicazione di una precedente versione dello studio tenuta volontariamente nascosta. Quello che è emerso, dopo 7 anni, rivela una scorrettezza. Una metodologia forzosamente alterata”.

È rara o frequente nell’ambiente scientifico?

“Direi che è presente, come in ogni settore, l’eventualità che accada”.

In questo caso vi è una spiegazione?

“L’accaduto fa pensare che occorresse un risultato negativo, probabilmente con l’obbiettivo di non rimborsare i prodotti omeopatici (decisione poi presa dal governo australiano) o per stare all’interno di una corrente di pensiero che qualcuno ha definito scientista positivista...”

Quella dei gruppi di potere?

“I gruppi di potere esistono ed esercitano la loro influenza. Ma è anche certo che esista una campagna mediatica internazionale contro l’Omeopatia ”.

Tuttavia ci sono Paesi che hanno preso decisioni opposte.

“Sì, la Svizzera dove nel 2009 è stato fatto un referendum e il 67% della popolazione ha votato a favore di un’integrazione dell’Omeopatia all’interno del Sistema sanitario e, a partire dal 1agosto 2017, l’Omeopatia, assieme ad altre Medicine complementari, è stata equiparata alle altre specialità mediche rimborsate integralmente dal Sistema sanitario svizzero rispondendo ai criteri di efficacia, adeguatezza ed economicità.”

Lei dirige un ambulatorio pubblico di Omeopatia in Toscana e al convegno milanese “Il valore aggiunto della Medicina Integrata in Oncologia” promosso da Me.Te.C.O. (Medicine e Terapie Complementari in Oncologia) che si è tenuto all’Istituto dei Tumori in luglio, ha portato la sua esperienza.

“Gli ambulatori sono tre, di cui uno dedicato ai pazienti oncologici. Vi si accede pagando il ticket della prestazione specialistica ma per chi è in cura per un tumore vi è l’esenzione. I medicinali omeopatici non sono rimborsati dal Sistema sanitario eil risparmio in termini di consumo dei farmaci convenzionali è quantificabile ed è anche evidente l’alto gradimento dei pazienti. Al convegno milanese ho presentato come si possano in molti casi ridurre gli effetti collaterali delle terapie anti tumorali e in quale senso si debba intendere la sicurezza delle varie medicine complementari”.

I detrattori dell’Omeopatia affermano che nei rimedi omeopatici molto diluiti vi è solo acqua e zucchero, avete una prova contraria?

“Sì ci sono varie ipotesi. La più recente è che siano presenti nanoparticelle del prodotto iniziale anche nelle alte diluizioni e che queste agiscano sul genoma cellulare attivando diverse funzioni biologiche. Esistono diversi studi che lo dimostrano: è un progresso importante ma non viene preso in seria considerazione. In Omeopatia, ogni volta dobbiamo ricominciare da capo”.

Pipì nell’oceano o mille petroliere in mare?

Ogni dibattito sull’Omeopatia è appesantito dalla discussione sulla quantità di principio attivo presente nei rimedi. Come insegnò Avogadro nella prima metà del 1800: se una sostanza viene diluita all’infinito, il principio attivo scompare nell’acqua. “Oggi abbiamo a disposizione tecniche molto più raffinate per indagare le nanoparticelle – ha affermato Alberto Laffranchi, specialista in Radiodiagnostica e Radioterapia all’Istituto dei Tumori e responsabile scientifico Me.Te.C.O quel numero andrebbe ricalcolato utilizzando tecniche moderne. C’è da considerare poi che non basta conoscere la quantità di molecole presenti in una sostanza per spiegarne il funzionamento, in ogni trattamento non è coinvolta soltanto la chimica, anche la fisica e le reazioni biochimiche. La vita gira intorno all’energia. Il potere esplosivo della dinamite non è legato alla quantità di sostanza ma alle reazioni fisiche che entrano in gioco, è sufficiente una piccola fiamma sia per accendere un petardo che per far esplodere una montagna. Vi sono poi differenze enormi tra cellule sane e cellule malate. Inoltre, come ogni clinico non può ignorare: dove vanno a finire i detriti derivati dai farmaci ad alte concentrazioni? Se si paragona la diluizione omeopatica a ‘una pipì nell’oceano’ si dovrebbe anche riconoscere che la quantità di un farmaco chimico in milligrammi in un organismo è pari allo sversamento in mare del petrolio di 1000 petroliere.

Meno effetti collaterali per i malati di tumore.

Due parole sul ruolo di Me.Te.C.O in Oncologia. Spiega Laffranchi: “Poter disporre di conoscenze e trattamenti omeopatici di supporto ai malati oncologici è una grande opportunità per i malati e per gli stessi medici. I pazienti vedono ridursi gli effetti collaterali delle terapia oncologiche (in molti casi si evita l’interruzione dei trattamenti. Penso alle dolorose nevriti periferiche o alle gravi ematotossicità ma penso anche ai costi: se una terapia antineoplastica costa 13.000 euro a seduta, ci si dovrebbe chiedere quante volte il supporto omeopatico evitl’interruzione delle stesse). Il malato si sente compreso e accudito, il tutto a vantaggio dell’accettazione della cura. Dobbiamo essere onesti, indagare l’Omeopatia scientificamente, senza pregiudizi, comprenderne i limiti e, ove possibile, i meccanismi d’azione. La sua specificità legata ai sintomi e alla reattività del malato, fa pensare che moduli l’azione dei geni che regolano le reazioni biochimiche del nostro organismo”.

In Francia ora è vietato definirsi “omeopata”.

L’Omeopatia è nata in Francia tre secoli fa. I francesi hanno sempre utilizzato i rimedi omeopatici. Dal 1984 i medici potevano acquisire il titolo di “omeopata” dimostrando di aver approfondito la materia. L’estate scorsa il governo di Macron ha deciso di non rimborsare più i prodotti.

Ma il problema non è, evidentemente, solo il risparmio, Pochi giorni fa l’Ordine dei medici ha stabilito che vieterà ai futuri medici di approfondire l’Omeopatia: “Nessuno potrà più definirsi omeopata”.Leggete qui.

Che dire?

Una simile rigidità fa nascere il desiderio opposto, di studiare e provare l’Omeopatiae fortuna che esistono le revisioni.

 

 

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