D vitaminaStop alla prescrizione generalizzata del dosaggio della vitamina D. E stop anche alle ricette rosse per la vitamina- farmaco a chi non ha precise malattie. Lo stabilisce Aifa in una nota recente. Cliccate qui. Nel testo sono precisati anche i nuovi limiti al di sotto dei quali occorre assumere vitamina D. Fino al 30 ottobre 2019 la carenza era al di sotto dei 30 mg/ml. Dal 31 ottobre 2019 è diventata sotto i 20 mg/ml.

Come mai?

Il sito ISS spiega che si è carenti quando il livello nel sangue scende al di sotto di 30mg/ml. E vari nutrizionisti citano lo stesso numero come limite. Cliccate qui.

Abbiamo appreso, andando dal medico, che tutti noi conviviamo con una carenza di vitamina D.

Ci è sempre stato spiegato che l’alimentazione non basta a integrare questa importante vitamina prodotta dal colesterolo e capace di fortificare il sistema immunitario. E che alzare il livello sopra i 30mg provoca una cascata di benefici: previene l’osteoporosi, aumenta la protezione dalle infezioni, la varietà dei batteri intestinali, tiene lontani da malattie autoimmuni, tumori e depressioni.

Aifa, interpellata sulla decisione di abbassare il limite, ci ha mostrato le conclusioni di alcuni studi in cui si osserva che il dosaggio della vitamina usato finora non ha migliorato la mineralizzazione ossea e la performance muscolare di alcuni pazienti. Ecco la risposta:

Un importante elemento a sfavore della raccomandazione a trattare persone con valori di 25(OH)D compresi tra 20 e 30 ng/mL deriva dai risultati degli ultimi grandi trials, nei quali la somministrazione di vitamina D in persone con valori di base tra 20 e 30 ng/mL risulta inefficace nel miglioramento dei test di performance neuromuscolare e mineralizzazione ossea (Hansen KE et al. 2015, Aspray TJ et al. 2019)”.

Oltre la contraddizione.

Al punto 3 della nota Aifa precisa che la carenza di vitamina D è asintomatica (quindi non ci accorgiamo se abbiamo una grave carenza se non facciamo l’ esame del sangue). Però al punto 5 Aifa dice che il dosaggio non è per tutti. L’esame che ne attesti la quantità “deve essere eseguito solo in presenza di specifiche condizioni di rischio”. Interpellata a riguardo, Aifa corregge il punto 3: “Come risulta dai documenti informativi citati, la carenza di vitamina D non è sempre asintomatica. Le carenze gravi determinano rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti e condizioni di ipovitaminosi possono portare anche a riduzione della forza muscolare e dolori diffusi.

A oggi gli studi condotti da Organismi competenti indipendenti, volti a valutare l’opportunità di uno screening in questo ambito non suggeriscono un reale vantaggio derivante dall’estensione di questo intervento alla popolazione generale (LeFevre ML et al 2015, LeBlanc EL et al 2015).”

Benefici ad ampio spettro.

A ben guardare la mole di studi dedicata alla vitamina D si capisce però che i benefici studiati non riguardano solo lo scheletro. L’azione ad ampio spettro della vitamina D è ribadita in questo articolo (in calce le fonti): “La vitamina D si comporta come un ormone agendo direttamente sui geni”.

Qui potete ascoltare le spiegazioni di Maurizio Cutolo, professore e direttore della Clinica Reumatologica all’Ospedale San Martino.

E qui quelle di Sandro Giannini, professore e direttore del Centro Osteoporosi dell’Università di Padova.

Vitamina D e tumori.

Il punto 10 della nota Aifa liquida in due righe un argomento ampiamente discusso. Aifa dice chiaramente che la vitamina D non serve a prevenire i tumori.

Senza scomodare il professor Di Bella – che già a partire dagli anni Sessanta prescriveva vitamina D ai malati di cancro – o il figlio, Giuseppe Di Bella – che continua a raccomandarla – perché di entrambi si dice che “non siano riconosciuti dalla Comunità scientifica”, le oncologie ospedaliere, perlomeno a Milano, prescrivono sia i dosaggi sia la vitamina in caso di carenza valutata al di sotto di 30mg/ml.

Comunità scientifica divisa.

Svariati lavori mostrano i benefici della vitamina D sui malati di tumore. Qui trovate una metanalisi su 17mila pazienti (si parla di prognosi migliore e di minori recidive). Qui la testimonianza di Toni Ibrahim, Responsabile del Centro di Osteoncologia dell’Istituto Scientifico dei Tumori di Meldola (Forlì-Cesena) che spiega come la vitamina D funzioni da interruttore per le cellule cancerose mammarie. E che il livello ottimale della vitamina dovrebbe superare i 40mg/ml.

Qui il parere di Airc, associazione italiana ricerca sul cancro. “In laboratorio si osserva che la vitamina riduce la formazione di vasi sanguigni nelle cellule tumorali e che favorisce la morte delle cellule cancerose”. In vivo vi sono risultati controversi. Se è vero che chi si espone di più al sole si ammala meno di cancro, a proposito del dosaggio di vitamina D nel sangue, Airc cita due lavori contrastanti. Uno che mostra che chi ha alti livelli ha un’incidenza più bassa del 40% di ammalarsi di tumore al colon; un secondo che dice che l’alto livello nel sangue di vitamina D è indifferente fra chi si ammala e chi non si ammala.

Qui la posizione dell’oncologo Antonio Russo, membro dell’Aiom, Associazione italiana di oncologia medica. “Alcuni studi mostrano benefici di alte dosi di vitamina D nei tumori di colon, mammella e prostata. Altri lavori indicano invece che l’eccesso di assunzione inibisce le proprietà della vitamina”.

Il sovradosaggio.

Aifa parla anche dei rischi da sovradosaggio. E, nel punto 11, giustifica la prescrizione medica della vitamina-farmaco perché “il medico deve essere a conoscenza dell’assunzione di tali farmaci in considerazione degli eventi avversi”. Ma in commercio esistono numerosi integratori di vitamina D, acquistabili nelle erboristerie, nei supermercati e nelle stesse farmacie.

Come mai di questi integratori ad acquisto libero il Ministero della Salute non si preoccupa degli eventi avversi?

Non è chiaro perciò perché l’evento avverso sia paventato solo ora e solo per la specialità ottenibile con ricetta.

Forse la ragione di tutto è risparmiare?

“Una confezione di vitamina di marca, per due mesi, costa 5,42 euro. Su questa cifra, 2 euro di ticket sono a carico del paziente; il generico costa un euro e cinquanta – ci spiega un medico di base milanese – Stiamo parlando di pochi euro. Piuttosto ci chiediamo perché non si prendano in considerazione i vantaggi in termini di non malattia. Questa vitamina si è rivelata un supporto fondamentale nella prevenzione di malattie importanti”.

Il sole che fa bene.

Al punto 7 Aifa ricorda che per produrre una buona quantità di vitamina D è bene esporsi ai raggi solari UVB. Che però sono attivi nell’arco centrale della giornata, dalle 11 del mattino alle 4 del pomeriggio, proprio nelle ore in cui ci viene anche detto di “stare alla larga dal sole” e in ogni caso di usare creme solari.

Perché il nostro corpo sviluppi vitamina D basterebbero 20 minuti al dì di esposizione al sole nella fascia oraria centrale, senza usare alcuna protezione, nè filtri solari nè indumenti.

Conclusioni.

Se la decisione di Aifa prevarrà, il resto della Comunità scientifica dovrà cambiare opinione o, come spesso accade, si terrà la propria. L’importante è che non si prescrivano dosaggi di vitamina D “inutili” e soprattutto che il costo della vitamina sia a carico nostro…

 

 

 

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