In questi giorni si parla molto del diabete di tipo 2. Quello considerato meno grave e che non richiede il trattamento con insulina. Si calcola che ne soffrano almeno 3,5 milioni di italiani. La malattia è indotta dalla sedentarietà e da un’alimentazione ricca di zuccheri e carboidrati raffinati. Sì, è proprio la poca attenzione allo stile di vita, oltre alla scarsa cultura alimentare, a scatenare questo diabete: la glicemia supera il livello di guardia per mesi o anni, il pancreas a lungo andare si “infiamma”e non riesce più a ripristinare l’equilibrio fisiologico.

È però una malattia che si può prevenire al 100%. Quando arrivano le avvisaglie – sarebbe meglio prima – si può decidere di cambiare strada; con impegno e sacrifici, certamente, come si fa quando ci si dedica a qualcosa che per noi ha un valore. Quindi più attenzione nel fare la spesa, più tempo da investire in cucina: meno prigrizia e più volontà.

Intanto, da qualche giorno, stanno uscendo articoli e servizi televisivi che illustrano le proprietà di un nuovo antidiabetico a base di semaglutide prodotto dalla Novo Nordisk. Si spiega che il farmaco riduce la malattia e gioverebbe al cuore con una sola iniezione a settimana. Cliccate qui e qui. Il prodotto è detto di “nuova generazione”. Ema precisa che è “sottoposto a monitoraggio addizionale”, ossia, come ogni medicinale al debutto, necessita di ulteriori sperimentazioni. Cliccate qui.

Quello che si sa ma non si dice.

Tuttavia la molecola di questo nuovo farmaco è conosciuta e impiegata da tempo. Ne sono noti anche gli eventi avversi che però non sono stati elencati negli articoli  e nei servizi televisivi. Come mai?

Ecco cosa si sa sul semaglutide, da wikipedia: “Gli effetti collaterali includono carcinoma tiroideo midollare, problemi renali, retinopatia diabetica, reazioni allergiche, bassi livelli di zucchero nel sangue e pancreatite”. Uno studio recente, poi, ne associa l’assunzione prolungata al tumore al pancreas. Qui.

Purtroppo accade spesso che i pazienti conoscano solo una parte delle informazioni. Nel non presentarle per intero,  quanta responsabilità abbiamo noi giornalisti?

In questi caso si rischia di credere che la molecola appena brevettata sia solo un toccasana per la malattia. Invece, scrutando la scheda tecnica di un antidiabetico formulato con lo stesso principio attivo, il Trulicity della Lilly, si notano le seguenti accortezze.

Si viene messi in guardia “dall’eventuale mancanza di respiro o presenza di noduli sul collo”. Si riportano studi sui ratti “che hanno mostrato come evento avverso anche il cancro alla tiroide”. L’azienda precisa che tutti i farmaci che funzionano come Trulicity possono avere gli stessi effetti. Cliccate qui.

Non solo. “Bisogna smettere di usarlo se si avverte un forte dolore allo stomaco o alla schiena; non assumerlo se si hanno pancreatite, disturbi al fegato e ai reni”.

“Gli antidiabetici, agonisti dei recettori GLP-1, leggermente diversi tra loro, sono in commercio dal 2016 – ci spiega un medico che tratta i diabetici – Aumentano la secrezione di insulina di pancreas già provati (che non riescono più a produrne) e sopprimono la secrezione di glucagone, l’ormone che controlla il livello del glucosio. Possono provocare anche nausea poiché rallentano lo svuotamento gastrico. Infine, ma non da ultimo, sono fra gli imputati del tumore al pancreas. Da uno studio curato anche da ricercatori italiani, Matteo Franchi e Maria Bota e pubblicato l’anno scorso, è stato osservato un aumento di tumori al pancreas in pazienti che hanno usato questi antagonisti”.

Quanto ci costa il nuovo farmaco?

Le fiale appena brevettate necessarie per un trattamento mensile costano 168 euro. La cura per un anno è di 2.016 euro. Se le usassero tre milioni di pazienti sarebbero 6 miliardi e 48 milioni l’anno. Una spesa da Stato ricco (il nostro Sistema sanitario ha già detto che la rimborserà per intero a tutti) considerando che le fiale in questione risolverebbero un tipo solo di diabete e che “esistono in commercio prodotti già rodati che tengono a bada la malattia e che costano 2, 3, 7 euro al mese” conferma chi cura i diabetici.

Che dire?

Abbiamo un immane debito pubblico ma per il bene (ssere) di alcuni ce lo dimentichiamo.

E pensare che, in Italia, ogni mattino, qualcuno si sveglia e ricorda al mondo “quanto ci costa l’Omeopatia” trascurando di precisare che chi sceglie di curarsi con l’Omeopatia si paga sia il medico che i medicinali (perciò non grava sul sistema sanitario).

L’importante è mistificare e strillare forte. E noi giornalisti che fine abbiamo fatto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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