C’è una voce critica (e, a ben guardare anche una forma di autodenuncia). Si solleva dai reparti di oncologia, da chi cerca di fermare il cancro. L’insofferenza emerge dagli oncologi ospedalieri che, più degli altri camici bianchi, utilizzano i “protocolli di cura”. Nonostante i protocolli siano paragonabili a binari di un treno in viaggio, il macchinista ha pur sempre la possibilità di decidere qualche variazione di percorso. In questo margine di discrezionalità può insinuarsi un conflitto di interessi. Gli oncologi ne sono consapevoli e chiedono, sia di informare i pazienti, sia (!) di NON ricevere direttamente denaro da Big Pharma. […]