ulivoC’è una malattia che piano piano divora gli ulivi della Puglia. Migliaia di piante secolari dai tronchi mastodontici che, solo a guardarli, invitano all’abbraccio.

Nel giro di qualche decennio gli alberi con le caratteristiche fronde elette a simbolo della pace potrebbero essere abbattuti, uno via l’altro. Come caduti su un campo di battaglia. Sì, è paradossale evocare espressioni da guerra. Ma è quello che sta accadendo in una delle regioni più dotate da Madre Natura.

Dal 2013, davanti alla malattia chiamata CoDIRO – complesso del disseccamento rapido dell’ulivo – agricoltori, sindaci, ricercatori, cittadini e istituzioni sono in fermento. E lacerati sul da farsi. In gioco non ci sono solo i prodotti nostrani, il caratteristico olio pugliese, spremuto a freddo, e le olive di ogni forma e varietà, ma la fertilità di un territorio un tempo rigoglioso, biodiverso e la salute di tutti noi.

Andiamo con ordine, partendo dai fatti più recenti.

Nelle ultime ore, in Puglia, si fa sentire la protesta dei sindaci. Una ventina di amministratori (non tutti poiché il presidente della Regione non è d’accordo) hanno emesso ordinanze per non attuare il recente decreto Martina (redatto dall’ex ministro dell’Agricoltura), un insieme di provvedimenti simili a quelli del precedente piano Silletti (dal nome del commissario straordinario incaricato del problema). Il progetto Silletti prevedeva abbattimenti degli ulivi malati, compresi gli alberi sani vicini e risarcimenti agli olivicoltori seriamente danneggiati. Venne però sospeso dal Tar del Lazio nel maggio 2015. Qui.

 Il decreto Martina.

Il testo votato in febbraio obbliga gli olivicoltori a diffondere insetticidi sugli ulivi colpiti da disseccamento partendo dal presupposto che a far ammalare le piante sia il batterio Xylella, diffuso principalmente dall’insetto sputacchina. Non solo. Prevede che i proprietari delle piante abbattano gli esemplari con presenza del batterio (anche senza sintomi di malattia) oltre a quelli vicini sani “nel raggio di 100 metri per una superficie pari a 3,14 ettari”. In marzo però, dopo il ricorso al tar di un olivicoltore del Brindisino, il tribunale ha opposto una sospensiva. Stop, per il momento, alle estirpazioni dei 50 ulivi sani posti in una zona cuscinetto. “La Regione deve prima verificare se le piante abbiano la caratteristica della monumentalità” si legge nell’ordinanza. Dopo quel ricorso la distruzione degli ulivi si è fermata. Qui il decreto.

In difesa del territorio.

Identico il fine, diverse le strade per perseguilo. E i pugliesi rischiano di dividersi irrimediabilmente: vi sono alcuni agricoltori, agronomi e proprietari di ulivi sostenuti dai comitati di cittadini della Val d’Itria che appoggiano l’operato dei sindaci che hanno emesso ordinanze. Contestano innazitutto l’obbligo di uccidere le mosche con insetticidi pericolosi, i neonicotinoidi “proibiti dall’Unione europea perché tossici per uomini, animali, insetti e terreni”. E poi si appellano alla “non dimostrata correlazione tra infestazione del batterio e malattia”.

Sul fronte opposto il Cno, Consorzio nazionale olivicoltori, sostenuto da altri agronomi, che vorrebbe curare gli ulivi con gli insetticidi, nel rispetto del decreto e parla di “informazione pericolosa”. Il presidente Gennaro Siculo ha perciò presentato un esposto alla Procura di Bari contro “gli speculatori che diffondono fake news”.

La malattia è provocata dal batterio Xylella?

Dalla risposta a questa domanda dipenderà – o perlomeno, dovrebbe dipendere – la strategia per curare gli ulivi. Secondo gli studiosi Enrico Bucci (Temple University di Phialadephia), e Giovanni Martelli (Università di Bari) “non vi sono dubbi che l’epidemia pugliese sia correlata al batterio Xylella”. Qui.

Di parere diverso l’agroecologo Giuseppe Altieri: “Già i primi dati della Commissione Europea confermano che, su 1.757 campioni di rametti e foglie disseccate, solo 21 presentavano la Xylella fastidiosa, segno evidente che le cause dei disseccamenti sono soprattutto altre e la presenza del batterio è, semmai, ubiquitaria e secondaria concausa, o piuttosto, una conseguenza di pratiche sbagliate, oltretutto spesso senza sintomi patologici”. Altieri afferma che “non è stato dimostrato il nesso di causa-effetto tra il batterio e la malattia (su questo concordano diversi studiosi fra i quali l’agronomo genetista Pietro Perrino, dirigente ricerca Cnr di Bari che afferma: la Xylella è stata trovata anche in piante sanissime, senza alcun sintomo di disseccamento. Per contro,  non è presente in molti ulivi malati). Leggete qui l’intervento di Perrino.

Altieri precisa, inoltre, che il batterio “è stato declassato dalla quarantena poiché è ormai diffuso in diverse zone e non ha senso isolare gli ulivi dalle ‘sputacchine’ perché queste volano ovunque, in giardini privati, orti, coltivazioni di carciofi e ortaggi vari, siepi, fossi parchi naturali, a meno che non si voglia trasformare la Puglia in un campo di sterminio della biodiversità”.

Ci descrive la CoDIRO, malattia degli ulivi?

Gli ulivi disseccati presentano soprattutto rogna e cancri dei rami causati da evidente abbandono colturale e tagli grossolani non disinfettati (come si vede dalle foto che ho scattato). È costoso mantenere gli ulivi, occorre pulirli periodicamente dai funghi e sterilizzare le potature, gli agricoltori non ricevono i fondi dovuti e ora sono messi in ginocchio da questi provvedimenti insensati. E’ difficile far morire un ulivo secolare, dal 2013 a oggi, non vi sono state piante morte per la Xylella se non quelle abbattute dall’uomo”. Altieri osserva anche che l’uso dei disseccanti (per eliminare le erbacce) è altamente nocivo. “Spesso le olive sono raccolte da terra con gli aspiratori dopo che sul terreno è stato sparso il disseccante che altera i microbi del suolo. Il passaggio dei rulli, poi, rende la terra asfittica… perciò con il tempo gli ulivi si seccano (la produzione biologica, al contrario, prevede la raccolta delle olive sulle piante, o con le reti, in modo da tutelare la salute e l’ambiente senza usare prodotti chimici)”.

La proposta di cura.

Secondo Altieri ve ne sono diverse, confermate da ricerche sul campo (ad esempio quelle di Francesco Lops dell’Università di Foggia). Dall’impiego di sali di rame e zinco, alle potature di cura e risanamento, ai microrganismi e biofertilizzanti. Ma è necessario anche arieggiare i terreni ed escludere i disseccanti chimici “che, come dice il nome ‘disseccano’ e impoveriscono il suolo, oltre a inquinarlo. I terreni devono tornare ad essere curati in modo ecologico e non massacrati dalla chimica – afferma – Anzi, direi proprio che usando pesticidi chimici si perdono gran parte degli insetti utili (predatori di quelli dannosi) e, distruggendo la vegetazione che ospita la sputacchina questa potrebbe addirittura incrementare le sue punture sugli ulivi non avendo alternative nutrizionali. Dove c’è più biodiversità gli agroecosistemi sono più stabili: è una legge di Natura”.

Lei ha ricordato che mantenere gli ulivi in questo modo è operazione assai costosa e che gli agricoltori si sono impoveriti…

Certamente. Ma ci sono i fondi europei per l’agricoltura biologica, obbligatori e prioritari, che rappresenterebbero una boccata di ossigeno oltre che la salvezza del territorio. Dal 1992, dopo il referendum sui Pesticidi tenutosi in Italia nel 1990, l’agricoltura biologica è finanziata al 100%  dai Programmi di sviluppo rurale regionali. Sono risorse esentasse e a fondo perduto, ma non vengono usate bene. O meglio, vengono erogate – al di fuori della legge – a chi dichiara di fare lotta integrata, ossia di sostituire i mezzi chimici con quelli alternativi (la lotta integrata è prevista per legge per tutti gli agricoltori dal 2014) ma, di fatto, si traduce in un sostegno a chi continua a usare pesticidi e disseccanti prima di seminare”.

La schizofrenia del governo (anzi, dell’ex governo) italiano.

Il decreto Martina, in febbraio, introduce l’obbligo dell’insetticida Imidacloprid della classe dei neonicotinoidi, sostanze vietate dalla Ue perché mortali per le api (e secondo l’EFSA, agenzia europea per la sicurezza alimentare, neurotossici per gli umani). Con la morìa delle api, fondamentali per l’impollinazione, si compromette l’ecosistema. Un mese dopo l’approvazione del decreto Martina, a Bruxelles, l’Italia ha bocciato l’insetticida tossico assieme ad altri 15 Paesi: vietato l’uso dei neonicotinoidi nei campi. Leggete qui.

Non solo. A Udine, all’inizio di maggio, sono stati posti i sigilli a 17 proprietà agricole, 38 gli agricoltori indagati con l’accusa di disastro ambientale per aver diffuso le stesse sostanze neurotossiche sul mais. L’inchiesta, durata due anni, mostra la relazione tra l’uso di neonicotinoidi e la diminuzione del numero di api negli alveari che si trovano nella zona trattata. Qui.

Ricapitolando: il piano di risanamento degli ulivi messo a punto dal Commissario straordinario Silletti viene bocciato dal Tar nel 2015 ma ritorna, più o meno simile, nel decreto Martina del 2018. Quest’ultimo prevede anche l’uso di sostanze tossiche messe al bando dalla UE con l’accordo dell’Italia.

Sì, l’ex governo italiano ha bocciato l’uso gli insetticidi in Europa ma ha obbligato gli olivicoltori pugliesi a usarli (nessuno escluso anche chi coltiva biologico!). Al di là di quello che stabiliranno gli scienziati, se la Xylella è responsabile della malattia del disseccamento o no, perché chi si occupa della salute degli italiani non ha preteso il rispetto delle norme UE?

Ci chiediamodavanti alla grossolana contraddizione votata dall’ex governo come si comporterà il nuovo ministro dell’agricoltura, Gian Marco Centinaio?

ulivo 4

 7-6

 

 

 

 

 

 

2-7-6

3-7-6

6-7-6- (1)6-7-6- (2)

Tag: , , , , , , , , ,