C’è un romanzo che ti è capitato tra le mani qualche tempo fa. E’ Coma (Gallucci editore) di Divier Nelli. Non è un caso che ne parli adesso, perché ti porta in profondità fino a squarciare il dolore di una donna violentata. E’ scritto da un uomo e magari uno pensa che Divier con la sua barba, con il suo sguardo maschile, ne sa poco di queste storie. Non è così. Il nucleo di Coma è quel senso di colpa che ti resta sulla pelle, nel lato più nascosto del cervello, nel ventre e a un centimetro dal cuore dopo che ti hanno frantumato la carne e l’anima. E’ un risveglio. E’ un non riconoscersi. Non sai più chi sei. Hai smarrito l’identità. Ti fa male tutto. Sai che tu sei la vittima, eppure la tua mente continua a parlarti, a dirti, ripeterti, le stesse parole: carnefice, assassina, colpevole.

Il risveglio dal “coma” arriva con quel vago senso di peccato che non si riesce a cancellare.  Tutto questo Divier Nelli lo racconta con la tecnica narrativa del thriller. E’ poco alla volta che scopri la storia di Claudia. “Era di bell’aspetto, le avevano detto che somigliava a Grace Kelly. Il tailleur pantalone antracite metteva in risalto la figura slanciata, anche se un po’ troppo magra. Aveva con sé un borsone di tela nera, di quelli da palestra, con cerniera lampo, e nell’altra mano due voluminose buste di carta”. Quello che Claudia ricorda è poco e frammentato, come se la vita fosse solo una scia di twitt da ricostruire e riordinare. Rammenta un incidente in auto, riscopre l’odore malsano della sua casa, sente le labbra secche e ruvide di carta vetrata e appunto quel senso di colpa indefinito. E’ da qui che si parte per ricostruire la storia, una mente e un’identità. Quello che poco alla volta ritorna è un gruppo di ricchi ragazzi annoiati che va a caccia per colpire e violentare, per superare la noia con la volontà di potenza. Sono volti e parole, immagini di luoghi difficili da identificare, come accade quando torni in una città dove hai vissuto e riconosci i luoghi, ma non ricordi i percorsi. Quello che manca sono i punti da collegare, come si faceva nelle figure della settimana enigmistica. Manca la mappa. Ci sono solo le fotografie. E quella vendetta consumata o ancora da consumare. La vendetta in questa storia spiega tutto, anche il senso di colpa.

I luoghi sono quelli di Divier Nelli, una Versilia dipinta in chiaroscuro, senza la luce e senza lo specchio del mare. “Non è – dice – quella turistica e mondana della costa, bensì una Versilia meno nota. Gran parte del romanzo si svolge in una casa immaginaria che si trova nell’entroterra fra Viareggio e Torre del Lago, lontano da tutto e da tutti. Ma descrivo anche scorci delle colline sopra Massarosa. Insomma, una Versilia insolita e semisconosciuta al grande pubblico”. La scrittura è lucida e chirurgica come quella del suo precedente romanzo Amore dispari (Gallucci), dove radiografava il rapporto border line tra un adolescente e una donna che ha superato la trentina. Il filo rosso resta la voglia di raccontare la personalità e i pensieri di essere umani che camminano sul crinale di linee sottili e instabili. Sono soprattutto donne in bilico e uomini senza quasi volto, troppo fragili, troppo egoisti, troppo inconsapevoli. Le donne scavano dentro il proprio io, gli uomini hanno paura di guardarsi intorno. La violenza è l’incapacità di fare i conti con le proprie paure. E’ il terrore atavico di entrare nelle proprie parti oscure, camminando a tentoni, un passo alla volta.

 

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