Non bisogna stupirsi se il cavaliere della Mancia amava perdersi nelle curvature dello «spaziotempo». Don Chisciotte in qualche modo deve aver avuto contezza della relatività di Einstein. Non per quell’ossessione visionaria di scaraventarsi contro i mulini a vento barattandoli per armigeri. Quello è sogno, o avventura o magari follia. No, non per quello, ma per quel suo modo di raccontare dove non si sa mai se il narratore, l’osservatore, sia dentro o fuori, in un presente perennemente in sospensione. Non stupitevi neppure per i paradossi della probabilità di Rosencrantz e Guildenstern e per la sostanza dei sogni di Amleto, tantomeno […]