I più pessimisti, di solito, sono i tassisti. La radio è la loro compagna di viaggio e in questi giorni ascoltano, scuotendo il capo, le croci degli indici di borsa, come una litania funebre. Tengono il conto delle banche che chiudono, ma proprio loro, così corporativi, si lanciano in lunghe maledizioni: «Hanno fatto i soldi sui nostri debiti. Ci hanno dissanguato. Ora possono pure crepare». Qui, a livello della strada, l’opinione più diffusa è che le banche falliscono per troppa avidità. Non è un giudizio scientifico, ma etico. È per questo che i tassisti, senza troppa coerenza, sopportano con un […]