La vera novità dell’inchiesta che coinvolge il calcioscommesse è che alcuni sono indagati per associazione mafiosa, un’ipotesi investigativa molto “forte” che, se confermata, potrebbe trasformarsi in condanne pesantissime a processo.

A indagare è Catanzaro, una Procura esperta di cose mafiose, e difficilmente a quelle latitudini l’impianto accusatorio può essere oggetto di capovolgimenti o stravolgimenti clamorosi. È un cambio di passo che forse qualche osservatore tenderà erroneamente a sottovalutare ma che mostrerà pienamente i suoi frutti amari in tutta la loro crudezza solo più avanti.

Al centro della ragnatela di contatti tra giocatori, faccendieri e dirigenti sportivi ci sarebbe anche Pietro Iannazzo (già arrestato nell’inchiesta di qualche giorno fa), definito dagli investigatori «uomo di primo piano dell’omonima cosca mafiosa di Lametia Terme e conoscitore del calcio dilettantistico meridionale».

‘Ndrangheta e calcio vanno a braccetto da un bel po’. «La ricerca di consensi passa anche dal controllo del calcio locale ha detto Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria – essere presidenti o mandare un prestanome è un collettore formidabile di consenso. È una forma di esternazione del potere».

È l’ennesima dimostrazione di come ormai la penetrazione della ‘ndrangheta in tutti i settori non conosca limiti: «Le ramificazioni della ’ndrangheta hanno assunto un livello esorbitante anche nel mondo dello sport – ha detto il direttore dello Sco Renato Cortese, altro profondo conoscitore della criminalità organizzata calabrese.

Dove ci sono molti contanti che girano, dalle sale Bingo ai compro oro, dai bar alle pompe di benzina, si nasconde la ‘ndrangheta. Ma la politica e l’opinione pubblica continuano a fare spallucce. E i boss se la ridono.

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