Non si possono sconfiggere le mafie se l’Antimafia diventa strumento di lotta politica. E non si può battere la ‘ndrangheta se si sorvola sugli scivoloni di certi politici di primissimo piano. Altrimenti meglio consegnarsi mani e piedi ai pm, farsi dettare le liste elettorali e incrociare le dita sperando che nel frattempo le cosche non siano riusciti a convincere anche il più onesto dei politici.

Prendiamo il caso del ministro dei Trasporti Graziano Delrio di cui ho scritto nei giorni scorsi qui, qui e qui. L’ex sindaco di Reggio Emilia ha paura di essere vittima di un dossieraggio nei suoi confronti. Ci sarebbero delle foto che lo ritrarrebbero insieme ad alcuni boss della ‘ndrangheta. Questo almeno è quanto sostiene Walter Pastena, ex consulente del ministro allo Sviluppo Federica Guidi, che intercettato dai pm che indagano sul petrolio in Basilicata mentre parla con l’ex fidanzato della Guidi, il lobbista Giancarlo Gemelli,  dice di aver avuto in mano le prove che il ministro ha trattato con le cosche: «Finito ‘sto casino usciranno le foto di Delrio a Cutro con i mafiosi…», è la frase incriminata.

Delrio si è rivolto alla Procura di Roma per capire se è vero o meno che esiste un dossier contro di lui, e gli inquirenti si sono messi subito al lavoro. Come ho scritto sul Giornale se esiste o meno un dossier la caccia deve partire dalla Calabria, dove si muovono «una serie di personaggi ben noti che si muovono tra le procure e i giornali, gente borderline che tratta senza scrupoli allo stesso modo con forze dell’ ordine e mafiosi, a volte in cambio di soldi, a volte in cambio di informazioni. Gente che da anni cerca di condizionare la politica calabrese, a volte con successo», come mi ha confidato un inquirente che conosce bene le cose di ‘ndrangheta. Ma la domanda che tutti si sono posti è: che c’entra Delrio con i boss? Succede che gli inquirenti della Dda di Bologna scoprono che le cosche calabresi si sono infiltrati nelle giunte emiliane. E che soprattutto nella città che diede i natali al Tricolore, che Delrio ha guidato per quasi dieci anni prima di entrare al governo con Enrico Letta prima e Matteo Renzi poi, c’ è una potente cosca di ‘ndrangheta originaria di Cutro e guidata dal boss Nicolino Grande Aracri.

Nel 2012 Delrio è stato interrogato dai pm antimafia. I suoi verbali, coperti in parte da omissis, hanno rivelato qualche amnesia di troppo. Una sottovalutazione del fenomeno che stride con l’immagine di un uomo dello Stato. Si scopre che Delrio è stato a Cutro nel 2009 ufficialmente perché le due città sono gemellate. Una circostanza che il procuratore Antimafia Roberti, allora a capo delle indagini che hanno portato al processo AEmilia, liquidò con una frase sprezzante: «Se vai a fare campagna elettorale in Calabria, vuol dire che sai che l’appoggio alla tua elezione viene da lì». Non sapeva se in quell’ incontro fossero state fatte fotografie («È possibile, non glielo so dire…», dice ai pm che lo interrogano come persona informata sui fatti), non sa che la cosca guidata da Nicolino Grande Aracri facesse il bello e il cattivo tempo nella sua città («Sapevo che erano calabresi, non che fossero originari di Cutro…»).

Poi si è scoperto che anche nell’estate del 2013 Delrio si sarebbe recato in Calabria, ufficialmente in vacanza, in realtà per parlare con una settantina di imprenditori cutresi. A ricostruire la vicenda è stato l’ex presidente della Provincia di Crotone Stanislao Zurlo in un’intervista a una tv locale andata in onda l’ 11 aprile 2014 dopo una durissima puntata di Report contro il sindaco di Verona Flavio Tosi, che secondo la trasmissione della Gabanelli a Crotone avrebbe avuto incontri con alcuni personaggi in odore di ‘ndrangheta: «Se l’ accusa di mafia vale per Tosi – era il ragionamento di Zurlo – deve valere anche per Delrio». E adesso che si è scoperto che il suo braccio destro Luca Vecchi (oggi sindaco di Reggio Emilia) è sposato con una calabrese di Cutro, ex dirigente all’Urbanistica reggiana oggi trasferita a Modena, e che la coppia è al centro di una storiaccia per una casa comprata da Francesco Macri, arrestato e sotto processo perché ritenuto dagli inquirenti antimafia un prestanome della ‘ndrangheta. Anche Vecchi ha dichiarato che né lui né la moglie si sarebbero accorti per più di un anno da chi avessero acquistato casa. E nelle carte di AEmilia, tanto per gradire, c’è un capitolo che riguarda lo stesso Tosi, pizzicato dagli investigatori a cena con Antonio Gualtieri, considerato dai pm la mente degli investimenti finanziari del clan della ‘ndrangheta Grande Aracri.

L’altra domanda è: la ‘ndrangheta ha fatto votare per Delrio? Stando a una lettera scritta dal carcere da uno degli imputati del processo, tale Pasquale Brescia, pare di sì: in una lettera dice che Vecchi e Delrio furono eletti «grazie ai voti dei cutresi».

Da mesi i grillini chiedono che Delrio vada in commissione Antimafia a chiarire. E, ironia della sorte, presto potrebbe essere chiamato sul banco dei testimoni del processo AEmilia proprio su richiesta di Brescia. Delrio finora se l’è cavata con una frase a effetto in tv: «Non mi faccio dare del mafioso da nessuno».

 

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