Le parole del neo procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri confermano quanto Madundrina aveva già scritto a proposito dei nuovi rapporti tra mafia e ‘ndrangheta. Non più un ruolo paritario ma una supremazia delle ‘ndrine nei confronti di Cosa Nostra, soprattutto per quanto riguarda il traffico di sostanze stupefacenti, di cui la ‘ndrangheta è sostanzialmente e indiscutibilmente monopolista. «È la mafia piu forte e piu ricca in questo momento nel mondo occidentale anche perché importa l’80% della cocaina che arriva in Europa. Ma è come se Cosa nostra americana avesse rotto il cordone ombelicale con quella siciliana, come se avesse perso il pedigree dell’origine siciliana mentre la ’ndrangheta negli Stati Uniti, a New York, a Brooklyn parla molto bene americano, italiano e calabrese», ha detto Gratteri, secondo cui la ’ndrangheta è diventata referente della famiglia Gambino, storico clan di Cosa nostra siciliana.

Non è stato sempre così, anzi. Nei giorni scorsi sono uscite alcune conferme in merito a vicende di cui Madundrina si è già occupata come l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. La ‘ndrangheta lo uccide il 9 agosto 1991, alla vigilia dell’ultimo grado di giudizio del maxiprocesso a Cosa Nostra. Il magistrato viaggia sulla sua auto a Campo Calabro. Gli sparano con un fucile a pallettoni. Due colpi lo prendono in testa. La macchina finisce fuori strada. Stava tornando a casa, senza scorta, da una mattinata passata al mare nelle zona in cui risiedeva, appena fuori Villa San Giovanni. «Mio padre non era un eroe», dice Rosanna Scopelliti, parlamentare Ncd, e infatti la magistratura non è mai riuscita a inchiodare definitivamente i mandanti, almeno per via giudiziaria. Per la vulgata Scopelliti è stato ucciso dalla ‘ndrangheta su richiesta di Cosa Nostra perché avrebbe dovuto sostenere la pubblica accusa contro i mafiosi. A sparare, lo sappiamo solo oggi con certezza, sono stati tre killer reggini, come ha detto durante il processo Meta (pietra miliare nella ricostruzione della storia della ‘ndrangheta e cristallizza la pax mafiosa dopo la guerra e la tripartizione della Calabria in tre mandamenti: Reggio, Jonica e Tirrenica) il collaboratore di giustizia Antonino Fiume, legato a Giuseppe e Carmine De Stefano, i figli del super boss vittima illustre della seconda guerra di ‘ndrangheta Paolo De Stefano. È Fiume a confermare che l’omicidio venne commesso per fare un favore alla mafia. I nomi Fiume li sa e li ha detti ai pm reggini: «Ci sono situazioni che, se non stiamo attenti, si corre il rischio che ci ammazzano», ha avvertito. Lo ha confermato anche il pentito di ‘ndrangheta Consolato Villani, che ne ha parlato durante il processo a quel romanzo politico-giudiziario chiamato trattativa Stato-mafia in corso nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo: «C’era stato un accordo tra i boss calabresi e Cosa nostra per ucciderlo. I calabresi lo avrebbero ucciso per conto di Cosa nostra». La leggenda narra persino di un Totò Riina latitante sbarcato sullo Stretto in traghetto vestito da frate per chiudere l’accordo.

Non sarebbe la prima volta che la ‘ndrangheta lavora “conto terzi”, d’altronde è ormai acclarato che la ‘ndragheta ebbe un ruolo anche nel rapimento di Aldo Moro. Ma sulla presunta trattativa Stato-mafia c’è ancora qualcosa che non torna. Lo stesso Villani in aula, ricordando l’esistenza di una nave affondata nei mari calabresi che avrebbe trasportato dell’esplosivo, poi rubato dalle organizzazioni criminali della zona, dice: «Mi fu riferito che il tritolo per le stragi siciliane è partito dalla ’ndrangheta, poi non so se è effettivamente così. Nino Lo Giudice (unn altro boss pentito che poi ha cambiato idea) mi parlò di un uomo e una donna dei servizi deviati, erano l’anello di congiunzione su traffici e interessi per l’approvvigionamento di esplosivo e armamenti tra le mafie».

Eppure, secondo la ricostruzione giudiziaria, non c’è traccia del ruolo della ‘ndrangheta nell’esplosivo che uccise il giudice Giovanni Falcone, la compagna e la scorta. Qualcuno sostiene anche che la ‘ndrangheta non fosse d’accordo con la strategia stragista di Totò Riina ma che venne ovviamente informata di tutto. Avevo già scritto che l’esplosivo usato per via d’Amelio potesse arrivare dalla Laura Couselich o Laura C, la nave carica di rifornimenti salpata dal porto di Venezia nel 1941 e affondata da un sommergibile inglese sul fondo sabbioso di Saline Joniche con almeno 1.500 tonnellate di tritolo. Come scrive QuiCalabria nel 1995 i Ros di Reggio avviano un’inchiesta, alcuni pentiti (Vincenzino Calcara, Emanuele Di Natale e Carmine Alfieri) dicono che quello era un supermercato per mafia, camorra e Sacra Corona Unita. Ma le frasi del pentito Villani riaprono un capitolo giudiziario che sembrava chiuso.

E soprattutto la storia della trattativa Stato-mafia – ammesso che si sia mai stata – si complica. Che ruolo ha avuto la ‘ndrangheta? Perché ha dato soltanto appoggio logistico alla strategia stragista di Cosa Nostra, fornendo l’esplosivo? E perché finora le indagini non l’hanno mai scoperto finora? Qual è il vero rapporto con la mafia? E se avessero ragione le inchieste, come quella su Paolo Romeo, che indicano in mafia e ‘ndrangheta unite da un’unica cupola affaristico-massonica legata all’eversione nera?