C’è una «economia grigia» ove affari leciti ed illeciti «tendono a incontrarsi, fino a confondersi», dice il direttore della Direzione investigativa antimafia, Nunzio Antonio Ferla. Ma c’è un “non detto” che è ancora peggio. La ‘ndrangheta sta tenendo in piedi l’economia. Il numero uno della Dia, infatti, durante un’audizione in commissione Finanze alla Camera ha aggiunto: «La criminalità organizzata ha saputo insinuarsi e infiltrarsi nei gangli vitali degli apparati economico – industriali internazionali, mimetizzando il proprio agire dietro il paravento di ordinarie attività d’impresa. È una minaccia di una gravità significativa perché grazie alla forza finanziaria di cui sono dotate le organizzazioni criminali può condizionare le aziende sane, esposte all’illecita concorrenza delle imprese mafiose».

Un allarme che questo blog ha lanciato più volte: alla ‘ndrangheta bar, ristoranti, aziende agricole, centri commerciali, supermercati e il settore agroalimentare in generale fanno gola perché circola molto contante ed è facile fare autoriciclaggio. Secondo Coldiretti sarebbero almeno 5mila locali della ristorazione nelle mani della mafia. «Ci sono attività “pulite” che si affiancano a quelle “sporche” – dice Coldiretti – che consentono alle prime di sopravvivere» grazie agli introiti in nero. Chi vive grazie agli incassi del sommerso da riciclare, aggiungo io, fa dumping, cioè concorrenza sleale, ammazzando il mercato e mortificando i competitor. La ristorazione in particolare, come scrive Libera, si conferma la grande «lavanderia Italia» dove riciclare e ripulire i soldi sporchi.

Qual è il problema? È che queste attività lecite che in realtà aiutano la ‘ndrangheta a riciclare i proventi del traffico di stupefacenti, fanno Pil. Contribuiscono cioè alla ricchezza nazionale e alla crescita (poca) dell’economia. Quanto pesa questa ricchezza «sporca»? Quanto incide? Difficile dirlo. Resta il fatto che il dato del Pil è «drogato» dai soldi della ‘ndrangheta. E che – ragionando in termini meramente statistici – senza questa ricchezza «sporca» i nostri conti andrebbero peggio. Che fare, dunque? Combattere la criminalità a costo di far sballare i conti del bilancio dello Stato? O lasciare che silenziosamente questo cancro finanziario contagi quel che resta dell’economia «sana», fino a renderla indistinguibile?

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