Passata la festa, gabbato lo Stato. Neanche 24 ore dopo le belle parole spese nella sua visita a Locri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’incontro organizzato da Libera e i toni trionfalistici dei media sulla ‘ndrangheta ormai prossima alla sconfitta, questo disgraziato lembo d’Italia ripiomba nella sua quotidianità. «Meno sbirri e più lavoro» e «Don Ciotti sbirro» le scritte apparse (e cancellate da addetti del Comune) sui muri dell’Arcivescovado della città dove 12 anni fa fu ucciso il vicepresidente della Regione Calabria Franco Fortugno non senza il placet delle famiglie mafiose locali.
Ha detto bene il capo dello Stato, «l’occupazione assicura dignità». Ma è per questo che con la crisi economica la ‘ndrangheta si è messa a fare welfare e a creare posti di lavoro. Come? Riciclando con attività legali i capitali sporchi, invadendo l’economia legale e soffocando con prezzi fuori mercato i negozianti onesti. Quella classe politica che riusciva a trovare un posto alle Poste, alla Forestale o alle Ferrovie non c’è più. E anche per questo Fortugno è stato ammazzato. E dopo quell’omicidio lo Stato ha mostrato il suo volto peggiore, quello dello sbirro appunto, ottenendo l’effetto opposto. Perché tra lo Stato che prova a riportare la legalità dove la democrazia è sospesa e il mafioso che dà posti di lavoro in cambio dell’indifferenza purtroppo non c’è partita, anche qui al Nord. La scelta dell’Arcivescovado non è casuale. La Chiesa calabrese è uscita da certe ambiguità del passato, soprattutto dopo la scomunica di Papa Bergoglio ai boss: «La ‘ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune, anche la Chiesa deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere», aveva detto il Pontefice il 21 giugno del 2014 davanti a 200mila persone a Cassano (Cosenza) scagliandosi contro gli assassini del piccolo Cocò Campolongo, il bimbo di 3 anni ucciso e poi bruciato perché testimone dell’omicidio del nonno e della compagna.
Oggi a Locri politici e società civile scenderanno di nuovo in piazza. Ma la ‘ndrangheta non è più una mafia rurale e territoriale: è l’organizzazione criminale più potente al mondo con un Pil di 60 miliardi di euro l’anno. Non si batte con le pallottole, figuriamoci con le parole. Verba volant, scripta manent. Anche se le cancelli.
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