I sondaggi consegnano gli umori del paese (per quanto possano essere precisi) a poche settimane dal voto con una frequenza sempre maggiore prima della “pausa” pre-elettorale (che viene purtroppo aggirata da molti media e scarsamente punita dalle autorità competenti… ma questo è un discorso che faremo in altra sede). I numeri e le percentuali oscillano, i commentatori si concentrano su differenze di decimi di punto, ma all’orizzonte ancora si fatica a capire chi potrà essere il vincitore delle prossime elezioni politiche. È facile prevedere che la sera del 4 marzo,  rigorosamente (?) dopo le 23 (anche qui le autorità di controllo latitano da qualche anno), ci sarà una sfilata di vincitori davanti alle telecamere:

  • Silvio Berlusconi e FI: dato per finito e archiviato, sarà questa volta il grande burattinaio di un’eventuale nuovo Governo di CD o di un tentativo di larghe intese (senza di lui si fa davvero fatica ad immaginare una grande coalizione che releghi FI all’opposizione)
  • Matteo Salvini e LN: preso in mano un partito anch’esso dato per finito e travolto da scandali finanziari dell’era Bossi, con costanza, veemenza e fiuto per le tematiche che parlano alla pancia di una grande fetta di elettorato, si siederà al tavolo delle trattative (qualsiasi esse siano) con una forza elettorale presumibilmente a doppia cifra e comunque superiore a qualsiasi risultato elettorale mai registrato in precedenza dalla Lega (elezioni politiche e non solo)
  • Giorgia Meloni e i fratelli d’Italia: che ha costruito un piccolo partito che punta a superare le soglie di sbarramento e dovrebbe farcela, con una conseguenza pratica molto importante: avere voce in capitolo su un’eventuale formazione del Governo di Cd
  • Luigi di Maio e i M5S: osteggiati dalla “politica tradizionale” con qualsiasi punteggio percentuale possa concludere la tornata elettorale sarà (pare certo) la prima forza politica in Italia. Potrebbe superare di slancio il 30% dei voti (e chi scrive stima che sia un risultato possibile e sempre più probabile considerando i trend degli ultimi mesi). Ha da tempo annunciato le mosse che caratterizzeranno il dopo voto e, con tutti gli occhi puntati, sarà il leader che potrà sfruttare con maggior profitto l’eventuale incapacità di formare un Governo e il rinvio a nuove elezioni per capitalizzare ulteriormente il voto (e per questo sarà osteggiato da tutti gli altri partiti)
  • Pietro Grasso e LeU: messo alla guida di un partito nuovo di zecca (ma antico di provenienza) grazie alla carica istituzionale ricoperta nell’ultima legislatura, se otterrà un risultato superiore al 5% (pare probabile, ma non ancora certo) rivendicherà il successo nel rappresentare una sinistra che non si sente più rappresentata dal PD. La forza attuale è simbolicamente data anche dalla dinamica post-scissione, ma potrebbe diventare la voce critica in Parlamento e sui media assieme ai M5S contro un’eventuale grande coalizione CD+PD
  • Matteo Renzi e il PD: per come si stanno mettendo le cose, rivendicare una vittoria per il PD potrebbe voler dire essere riusciti a restare sopra alla soglia del 20% e quindi confermare un calo del 20% rispetto alla percentuale superiore al 40% ottenuta nel 2014 (4 anni fa). L’eventuale sfondamento al ribasso della soglia del 20% (possibile e sempre più probabile anche se ancora rimediabile nell’inversione del trend di lungo periodo in queste ultime settimane) avrebbe delle conseguenze molto importanti: un Parlamento dove si siederebbero onorevoli e senatori “targati” Renzi, ma un probabile passo indietro del segretario a furor di popolo (anche se non si intravvedono ancora successori pronti a sostituirlo… almeno visibili), ma soprattutto una oggettiva debolezza in qualsiasi trattiva di grande coalizione. Il ricorso ad una nuova tornata elettorale potrebbe essere letale soprattutto se contraddistinto da una riproposizione di quanto già visto.

trend-voto2018

Le ultime settimane di campagna elettorale saranno comunque decisive, sia perchè la quota di elettori che decidono all’ultimo momento il proprio voto è da sempre elevata (si stima che 1 elettore su 7 di quelli che esprimeranno un voto valido sia ancora indeciso), sia perchè l’astensione viene data in aumento rispetto alle ultime elezioni politiche. E questo rappresenta un fattore molto importante nella determinazione delle percentuali raccolte: la capacità di mobilitare gli elettori non è solo una formula ripetuta alla noia dagli spin doctor, ma una vera e propria arma atomica. Convincere un elettore di un altro partito rispetto al proprio a non andare a votare significa raddoppiare il valore, ovvero il peso del proprio voto. Non è bello da dire, ma è così…

ps: la tabella delle rilevazioni delle intenzioni di voto è stata presa da Ixè, a titolo di esempio di rappresentazione dei trend dell’ultimo periodo (con ultimo aggiornamento al 4/2/2018)

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