Il  Misery Index è un indicatore che viene elaborato e monitorato con grande attenzione per attestare lo stato di salute delle economie dei paesi di tutto il mondo (o quasi). La sua composizione nella versione elaborata da Robert Barro (che migliorò quella di base di Okun) prende in considerazione 4 parametri: la somma del tasso di inflazione, tasso di disoccupazione, del tasso ufficiale di sconto a cui sottrarre il PIL reale pro capite. Al crescere del punteggio dell’indice di miseria corrisponde la crescita del livello di “miseria di un paese”.

205 Misery Index Scores - Europe
L’Italia fa la sua “bella figura” nella classifica: siamo undicesimi nel contesto europeo, dove il primo – l’Ucraina – è il paese messo peggio. Quindi possiamo gioire del fatto di essere in condizioni migliori rispetto a Grecia, Spagna, Portogallo, Croazia e Russia (per citarne alcuni), ma siamo deficitari rispetto ad altri 22 Stati Europei. E se il trend rispetto all’anno precedente indica un piccolo miglioramento nel punteggio (da 16,4 del 2014 a 14,9 del 2015), va considerato che si tratta di un fenomeno abbastanza generalizzato.

E quindi? La “soluzione” è ancora una volta collegata al tema della disoccupazione, che viene indicata dagli studiosi come l’elemento di maggior impatto sullo score complessivo per il Belpaese. Jobs Act e altre riforme del lavoro stanno incidendo, ma evidentemente non ancora in modo importante. I numeri sembrano indicare una strada: c’è ancora tanto da fare per far lavorare più italiani (e non solo in condizioni di precarietà). Con buona pace del Governo e del Premier.

 

 

 

 

 

 

 

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