Uno Tsunami si abbatte sul mondo degli Istituti di Ricerca che hanno previsto la vittoria del fronte del Remain in GB, “scongiurando” fino a ridosso della diffusione delle prime proiezioni e poi dei risultati finali l’esito pro Brexit.

Per settimane sono stati diffusi sondaggi che hanno prevalentemente previsto una vittoria risicata della permanenza nella Ue, ed ad una rilettura a posteriori, sembrano essere stati vittime di un abbaglio statistico collettivo o di dichiarazioni mendaci dei rispondenti o di incapacità degli strumenti di rilevazione di discernere esattamente quello che stava per accadere. Abbiamo già commentato alcune delle alchimie che vengono utilizzate nell’analisi del voto, ovvero i sistemi di ponderazione, in grado di rovesciare un esito, soprattutto quando si viaggia su differenze piccole.IMG_0528

Stavolta vorrei soffermarmi sul potere mediatico e gli influssi presso gli elettori che simili fenomeni provocano. Appare infatti quasi scontato osservare che la narrazione dei media fosse incentrata su un “pericolo scampato” comunicando ai britannici stessi, ma anche a tutti gli altri cittadini dell’EU, che sebbene una gran paura per l’uscita ci fosse, essa sarebbe stata scongiurata: una specie di Happy Ending dal sapore hollywoodiano. E questo trend è stato così paradossalemtne forte che Bruno Vespa esibiva poco dopo la mezzanotte un sondaggio che giungeva a dare al 56% il fronte del Remain e Enrico Mentana a commentare le parole pronunciate da Farage come una resa delle armi di fronte ad una sconfitta imminente, seppur di misura. Anche gli operatori dei mercati finanziari (su tutti gli Edge Funds) parevano unirsi al coro, ma si erano coperti con operazioni che li cautelavano e quindi non dovrebbero aver perso più di tanto (vedi dichiarazioni di Serra di Algebris stamane al Gr1 Rai). E quindi?

Quindi la cautela e la serietà degli Istituti avrebbe dovuto consigliare una formula che in Italia è addirittura sconosciuta: “to close to call”. Ovvero “è talmente incerto il risultato che non si può esprimere una previsione”. Ma questo è difficilmente accettato dai media che vogliono avere una previsione (o perggio ancora da committenti che scommettono poi sui mercati).

Il sospetto quindi potrebbe essere che sia stato un modo (disperato) di influenzare il voto dei britannici. Ma ne dubito, in quanto avrebbero dovuto esserci pressioni in troppi luoghi (leggi Istituti). Oppure potrebbe essere stato un effetto emulazione collettivo: se gli altri isituti prevedono X probabilmente è X e quindi anche io esco con X….

Personalmente credo che sia stata invece la dimostrazione di uno scollamento tra uno strumento che non è un oracolo, ma uno strumento di misura e che come tutte le misure a volte fallisce, anche se si cerca di farlo di in modo accurato (mai capitato di prendere le misure per un mobile e aver sbagliato?).

Quello che è certo è che in quest’epoca “liquida” raggiungere in modo uniforme tutti gli strati della popolazione, considerare tutte le peculiarità locali e regionali, tutte le fasce di scolarità e reddito, e tante altre variabili (non ultima che  sempre più rispondenti mentono, infastiditi dalla domanda sul proprio voto) è un compito talmente difficile da semrare una mission impossible.

Chiudo con una previsione: il 99% dei media e dei cittadini oggi non vorrebbe più gli exit polls. Poi il tempo passerà e a ridosso di quelche tornata elettorale il prurito di sapere con qualche ora di anticipo l’esito prenderà di nuovo la mano e forse li rivedremo ancora sui nostri schermi.

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