I Millennials Statunitensi hanno scelto, secondo le analisi post voto, in maggioranza il candidato sconfitto, ovvero H. Clinton. Se nelle elezioni precedenti che avevano portato e confermato B. Obama alla presidenza il loro voto era stato decisivo per l’elezione, per la Clinton le percentuali sono scese di quel tanto da non risultare più un fattore così d’impatto: era il 60% per Obama, è stato il 54% per la Clinton.

I prossimi quattro anni (o otto in caso di rielezione) vedranno quindi il nuovo presidente alle prese con lo sviluppo di politiche che nel suo programma prevedono una marcata discontinuità con quanto finora fatto. E questo è stato probabilmente il segnale che ha colto nel segno presso l’elettorato: la situazione attuale è percepita come fallimentare che la continuità fa rima con il declino.

La contrapposizione tra la globalizzazione e l’identità territoriale (magistralmente ripresa da Salvini nella recente intervista presso Che Tempo Che Fa) diviene la nuova frontiera degli scenari politici statunitensi e, ovviamente, di tutte le sue zone d’influenza, in primo luogo commerciale. Si sono già viste delle conseguenze da aziende leader che non possono restare alla finestra: Apple sta studiando assieme ai partner cinesi l’impatto del trasferimento della produzione negli USA (che secondo le stime porterebbe ad un raddoppio del costo di produzione e quindi un abbattimento enorme sui margini a parità di prezzo al pubblico). Ford, “minacciata” in campagna elettorale di dazi al 35% per ciascuna autovettura prodotta fuori dai confini nazionali, sta rapidamente rivedendo i propri business plan e ricucendo il rapporto con Trump (vedi immagine).Schermata 2016-11-21 alle 09.56.51

L’idea di difendere l’economia statunitense rinunciando alla globalizzazione nella sua forma più “libertaria” riporta la politica al centro dell’arena nei confronti dell’economia: non più ancella, ma “primo motore” del futuro. I giovani americani, ma per estensione tutti quelli che ne subiranno le conseguenze, hanno di fronte un potenziale cambiamento epocale (se Trump farà seguire alle sue intenzioni anche azioni coerenti). Si tratta di un’inversione a U rispetto ad un pensiero unico di sviluppo economico, che sta dimostrando tutti i suoi limiti, e che nonostante tutto proverà a resistere ad una svolta così radicale (e se ne vedono già i primi segnali).

Il contesto tuttavia è mutato in modo troppo significativo per non tenerne conto. Le sfide politiche da qui in avanti si giocheranno quindi su un asse che nulla ha più a che fare con il vecchio destra-sinistra. Il nuovo quadro competitivo è globalizzazione vs identità ed economia territoriale.

Il futuro del pianeta passa di qui.

 

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