L’analisi delle abitudini degli utenti di Netflix offre una ghiotta occasione per una riflessione sui Big Data, i Data Insights e le analisi che riempiono i sonni dei direttori marketing di tutto il mondo. Andiamo con ordine.

  1. Netflix annuncia di aver trovato dei pattern “interessanti” tra i dati rilevati in tutto il mondo relativi alle abitudini dei propri abbonati. La cosa migliore è riproporvi la loro metodologia: “Netflix ha analizzato i dati di visualizzazione di oltre 86 milioni di iscritti in più di 190 paesi nel periodo compreso tra gennaio 2016 e ottobre 2016. La ricerca ha esaminato i cambiamenti negli schemi di visione rispetto ai film e alle serie TV. In questa ricerca, Netflix ha notato che gli abbonati sono passati da una serie (guardando tutte le stagioni a disposizione) all’altra, il 59% delle volte hanno preso almeno una pausa di un giorno con un gap medio di 2,5 giorni. Durante questa pausa, il 61% degli abbonati ha guardato programmi standalone (documentari, film o stand-up special) prima di cominciare a guardare la serie successiva. In totale, il 36% di tutti gli abbonati Netflix ha dimostrato questo comportamento. Gli utenti, per essere inclusi in questa ricerca, non dovevano necessariamente aver completato una serie in un determinato periodo di tempo. Per individuare gli abbinamenti di film e serie, Netflix ha analizzato più di 100 serie TV per identificare quali film venivano associati più frequentemente in ogni mercato. Gli abbinamenti di film non equivalgono ai numeri dell’audience”
  2. chiaramente non si tratta di Big Data, che prevedono l’aggregazione di dati da fonti pubbliche e non, di origine anche molto diversa (ad esempio sarebbe interessante collegare questi risultati presentati con il meteo, la densità di cinema presenti nella residenza degli utenti, la demografia e il numero di esercizi commerciali e ristorativi aperti in correlazione con le tipologie di contenuti fruiti, e così via). Si tratta quindi di Data Insight: analisi condotte a partire dal database che Netflix accumula secondo per secondo su quanto erogato dalla propria piattaforma.
  3. quali sono le implicazioni di questo tipo di analisi? In prima battuta sembrano esserci tanti ragionamenti da poter fare. Ma in realtà le cose da dire non sono molte … si tratta solo di un pattern che ci dice che ci sono delle correlazioni tra contenuti (peraltro abbastanza banali quando si approfondisce il tema) senza riuscire a dare un’idea precisa del perchè ciò avviene e soprattutto senza evidenziare quali siano i gusti che sottendono queste scelte. Si dirà che Netflix non rilascia pubblicamente queste informazioni. Ed è vero. Ma spesso dietro ad analisi come questa non c’è altro (in altre aziende).

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Tutto questo per segnalare che in molte organizzazioni la promessa di riuscire ad inferire i comportamenti dei consumatori (utenti/cittadini o qualsiasi ruolo assumano per un’azienda o PA) passa ormai in modo enormemente sbilanciato verso evidenze “digitali” elaborate ex post (ovvero quando sono già accadute). E come dei mantra erodono quello spazio di comprensione / previsione dei consumatori che era proprio delle ricerche di mercato. E vale, come abbiamo recentemente visto, anche nei casi di elezioni politiche. Si cerca di inferire da strumenti che possono leggere quello che è stato, anche quello che sarà. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

La forza della moda del momento è tuttavia per ora troppo forte. Ma da qui a qualche anno risulterà sempre più evidente che promettere di poter elaborare milioni di dati (come ha fatto Netflix) non significa automaticamente riuscire a sapere di più o qualitativamente qualcosa di più informativo.

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