La competizione tra i molti operatori che diffondono in streaming la musica tramite la Rete sta diventando un business sempre più grande. Spotify e Apple Music, assieme a Google Play dominano il mercato mondiale, e i nuovi oggetti del desiderio “casalingo” primo su tutti Alexa Echo di Amazon, dopo le connessioni alle smart tv offrono collegamenti già preinstallati a chi li acquista. I numeri parlano chiaro: Spotify resta il leader, ma quello che impressiona è la crescita continua ed impetuosa degli abbonamenti a pagamento. Le tariffe sono solitamente flat (un tot al mese) e la possibilità di accedere a cataloghi molto estesi ha ormai decretato la lenta sparizione dei supporti che per anni anni hanno convogliato la musica, ovvero i CD e in parte tutti i dispositivi dedicati alla musica (iPod e simili).

Infographic: Spotify Keeps Apple Music at Distance | Statista

L’aspetto che spesso non si considera, almeno nel Belpaese, è che l’abbonamento attivato come privato a queste piattaforme non consente la trasmissione della musica in ambiti commerciali o pubblici. SIAE e SCF, rispettivamente entità che tutelano i diritti d’autore e delle case di produzione e distribuzione, e gli operatori che “vendono gli streaming” hanno un gran lavoro ancora da fare per portare la legalità in questo settore. A chi non è capitato di vedere in un locale pubblico uno smartphone o un altro dispositivo attaccato all’impianto di diffusione musicale usato come fonte di diffusione musicale in un esercizio commerciale? Le multe che possono essere comminate sono salate ma non sono un bel modo di far progredire la legalità, quando il vero problema è la scarsa conoscenza delle regole.

 

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