IMG_2783Da qui lanceremo la rivoluzione. Andremo al cuore dello Stato, così elefantiaco, così burocratico, così lontano, per togliergli uno dei suoi poteri più consolidati: la tutela del patrimonio storico artistico. I nostri luoghi, le piazze, le strade, le mura, le chiese, i musei, i palazzi affrescati, le dimore e le abitazioni storiche, i posti in cui quotidianamente viviamo, camminiamo, frequentiamo con i figli, gli amici, i genitori, non possono essere tutelati, sorvegliati, restaurati, da una struttura lontanissima, spesso indifferente. Così come non puoi fare all’amore a distanza con una donna o un uomo, così la dedizione, la cura, la premura, la minuziosa custodia del patrimonio non possono essere amministrati a distanza, dagli uffici asettici dei soprintendenti che stando a chilometri e chilometri non ne conoscono i palpiti, le gravitazioni, le necessità, i parti, i dolori, gli slanci. I nostri luoghi, le opere attorno a cui cresciamo, sono delle comunità, dei territori, sono legati con mille fili, visibili e invisibili, ai cittadini, alle comunità a cui danno vita. Istituiremo le soprintendenze comunali. Mentre fino ad ora i teatri crollano e lo Stato tenuto alla sua tutela redige solo dei fogli timbrati mentre loro crollano, noi istituiremo la soprintendenza che non risponde più al Ministero, allo Stato, che sono lontani, lontanissimi, indifferenti alla vita, alla morte di quei teatri, di quegli affreschi, di quei palazzi: risponderà al Comune, ai cittadini riunitisi in associazioni, comitati, imprese, cooperative del territorio e che vogliono render vivi, palpitanti, degni di memoria, di attenzione, di cura, quei teatri, quei palazzi, quei luoghi. Sarà la vera profonda battaglia culturale. Il resto è aperitivo.

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