IMG_3080E siamo a 100. Tutti i santi giorni, da 100 giorni, un pezzo quotidiano, come quotidiano è averli scritti di notte, dopo aver addormentato lei, la bambina di 8 anni, sotto il suon delle parole di Pollicino, e aver aspettato che anche l’altra lei, Patrizia, la mamma, si fosse assopita sulla mia spalla. L’oscurità è la migliore placenta per scrivere. Tutti i demoni sorgono, le ossessioni, le patologie, le disinvolture, i combattimenti, tutto si mette a fuoco con una lucidità spietata che il giorno non consente: il giorno è luce e la luce annebbia la verità; la notte è nera e il nero, con tutto il suo siderale, inumano silenzio, dà nitore alla verità. Se devi vedere meglio, vedi di notte. Il giorno – la luce – confonde. La notte esalta. Si tradisce di notte, si carezza di notte, si corrompe di notte, si maledice di notte, si trama di notte, si fa l’amore di notte, e i bambini hanno paura del buio della notte perché hanno paura di vedere, perché “quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro” (Friedrich Nietzsche). Sia benedetta l’oscurità del mio letto. 100 e ancora 100, e ancora altri 100 pezzi usciranno nel covo della mia appartata solitudine, dove tutto è grande, lucido, splendente, tranne la luce improduttiva, banale, sconclusionata del giorno.

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