cilento-ferroviaNon fa notizia, non fa mai notizia. Mai, mai una volta. Un vandalo, dieci vandali, mille vandali che brutalizzano, giorno dopo giorno, nell’indifferenza totale e pneumatica dei cittadini, un’architettura pregevolissima del nostro territorio italiano, non arrivano a destare la minima attenzione da parte di media, politici, istituzioni, specchi tragici e perfetti di quanto noi vili siamo. Stavolta, per l’ennesima volta, è capitato al ponte curvato della Valle del Mingardo, costruito con un equilibrio formale ineccepibile, in mattoni rossi in piena età fascista (1929), tra i comuni di Centola e Celle di Bulgheria, in provincia di Salerno. Arrivano lì – i vandali, questi figli di puttana che potrebbero essere figli di nostra madre o di noi stessi tanto è sorda la nostra indifferenza che la figlioliamo ai nostri discendenti – staccano i mattoni dal cordolo e li buttano di sotto, nel vuoto della valle. Allontanandosi da Roma per giungere a Napoli, nel suo personale Grand Tour, nel 1787, Goethe appuntava nel suo diario quotidiano che la bellezza che vedeva era così inaudita che “le cose che vorrei dire sono mai tante; mi trovo cotanto a disagio, eppure è vivissima la mia brama di affidare qualcosa alla carta”. Il ponte brutalizzato sul fiume Mingardo, che ha ancora un fascio littorio di 5 metri a testimonianza del regime mussoliniano che lo produsse per permettere la circolazione del treno nella valle, avrebbe meravigliato il giovane e febbrile Goethe. I vandali invece oggi lo devastano, sicuri e protetti da tutta la nostra colpevole incuranza.

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