IMG_6816Facebook è la tomba degli artisti. Utilissimo, quotidiano, gratuito, aperto 24 ore su 24, è la galleria ideale per chi non ha la possibilità di avere atelier e show-room nella propria città e non riesce ad esporre nei musei o nelle grandi collezioni nazionali. Dunque, viva Facebook perché democraticizza uno spazio pubblico mentre gli altri luoghi costano e sono proibitivi. Ma Facebook da una parte ti innalza, dall’altra ti seppellisce. E tu, artista, non te ne accorgi. Me ne accorgo io, critico d’arte, quando vengo a vedere dal vivo le tue opere. Su Facebook tu, artista, per catturare Mi piace, photoshoppi ogni tua opera, elettrizzi i colori, li rendi più accesi, più nitidi, incolli fintamente la tua opera sulle pareti bianche di un grande museo, di una dimora hollywoodiana; se sei uno scultore inserisci la scultura in un paesaggio scenografico da sogno, anch’esso alterato cromaticamente, oppure alteri i riflessi delle volumetrie per esaltarne la plasticità. Insomma ti dai un contesto da star. Così, orgasmizzato da quanto vedo, ti chiamo e vengo a vedere dal vivo le tue opere. E cosa vedo? Dal vivo i colori sono più spenti, cerulei, monastici, impiegatizi, i quadri sono accatastati l’uno sull’altro scheggiandosi ai bordi, le sculture sono impigrite su un piedistallo da Ikea o da mercatino cinese, i manufatti in tessuto sono sfilacciati e scialbi. Le opere più vecchie hanno colori appassiti negli anni (mentre su Facebook hai esaltato artificiosamente quelle cromie). Tutto è più misero e deprimente. Insomma su Facebook hai creato un’immagine delle tue opere che la realtà non conferma. Ma se uno poi vuole comprare una tua opera per metterla in casa, si compra l’opera vera o l’immagine bellissima su Facebook? Rifletti, artista, prima di seppellire te stesso, con le tue stesse mani, sugli utilissimi social.

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