15048BEC-A571-4F65-A22A-EF0E81722C42Ogni volta che passo da La Spezia, ho un posto fisso dove fermarmi. Non la cattedrale di Cristo Re, il cui costruttore, di fronte al Cristianesimo in piena crisi di vocazione e di visione, pensò bene che, per attrarre i fedeli, non bisognasse creare una grande bellezza, ma un grande supermercato, e prova certa ne è la sfilata di negozi nel porticato di accesso alla chiesa. Non il duomo, dunque, vado a vedere ogni volta tocco La Spezia, e neanche la neonata rivisitazione di Piazza Verdi firmata Daniel Buren, che mi ha fatto litigare due volte con Vittorio Sgarbi. Mi incammino invece per un quartiere tranquillo e borghese, senza nessun splendore monumentale evidente (La Spezia è architettonicamente cittadina novecentesca), trovo parcheggio in via Fiasella, salgo al terzo piano di un palazzo e proprio lì ho ciò che cerco. La casa dell’artista Roberto Braida. Mai una volta sono stato alla Spezia e ho fatto mancare la mia visita. Non perché mi manchino di vedere le case (in città la più bella villa liberty la vidi aprire ai miei occhi dall’imprenditore amico Alessandro Laghezza). Ma perché, a casa Braida, si scopre una verità che altrove si confonde: i colori non sono materia colorata. Se messi nelle mani di un sapiente artista, sono spesso la sottilissima e impercettibile chiave di accesso alle profondità del nostro animo. Ingiustificata chiave di accesso, direi: perché un rosso magenta, un carminio, un blu di Persia dovrebbero spalancare riflessioni e indagini dentro di me? Perché un giallo citrino dovrebbe farmi trasalire? Perché una velatura di verde giada dovrebbe prendermi nel punto d’angoscia che tenevo ben riparato in me? Al terzo piano di via Fiasella mi si manifesta una verità che altrove si annebbia: ovvero che l’arte non ti spiega il reale, ma te lo intensifica di lucidità e di senso. Ed è questa improvvisa bruciante lucidità, questa imprevista benedetta chiarificazione di senso, che mi porta ogni volta in questa casa spezzina, lodando le mani dell’artista amico e le mani altissime, celestiali, di chi lo ha messo al mondo.

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