Giorgio Albertazzi e Katia Noventa

Il teatro Quirino di Roma, dove è in scena ‘Il Mercante di Venezia’, ha avuto il tutto esaurito anche martedì 4 novembre, pur non essendo la prima dello spettacolo.

Opera centrale della ricca produzione di William Shakespeare, ‘Il Mercante di Venezia’, è la seconda più rappresentata dopo ‘Romeo e Giulietta’:  è la tragicommedia della brama di vendetta e del sentimento di rivalsa.

Shylock, interpretato da Giorgio Albertazzi, è il protagonista assoluto: impersona l’archetipo dell’ebreo secondo l’immaginario collettivo cinquecentesco, profondamente antisemita, in cui Shakespeare è perfettamente calato, essendo un uomo del suo tempo.

Shylock è l’usuraio, è colui che presta denari ad interesse, è il malvagio, è il rancoroso, è… l’ebreo.

La storia si svolge nella Venezia del Cinquecento in cui convive l’anima cristiana e quella mercantile, commerciale, in cui ruota tutto intorno alla ricchezza e alla sua ricerca, in cui il denaro è al centro di un sistema disumano.

La vicenda vede Bassanio, gentiluomo squattrinato, che vuole sposare la ricca Porzia e chiede dei soldi in prestito al suo nobile amico Antonio, il quale, momentaneamente senza averi, per averli investiti nei traffici marittimi, senza nemmeno ricercare un’alternativa all’uso del denaro per il suo ideale di amicizia, li chiede all’usuraio Shylock, che pretenderà in cambio non denari o merci o proprietà, bensì una libbra della carne di Antonio, a garanzia del prestito concesso, se non restituito nel tempo stabilito.

Antonio è sicuro che le sue navi torneranno in tempo dall’Oriente, con ricchezze superiori al prestito richiesto, ma ciò non accade e sarà la giustizia veneziana a risolvere la questione.

Non c’è spazio per alcuna forma di dialogo, nessuna ricerca di un linguaggio umano: la rigida interpretazione della legge condanna prima Antonio, poi, l’ebreo intollerante, rendendolo alla fine una vittima, così come è intransigente la concezione dell’amore in merito al possesso degli anelli nuziali.

Trionfa la concezione della giustizia dei cristiani, antisemita, che tutela chi calpesta gli emarginati, gli stranieri, attribuendo il torto al malvagio, all’infido ebreo, supportato, però, da ragioni di fatto.

Ogni personaggio nella commedia segue, come oggi, lo stesso percorso venale e legale: la verità e la giustizia si raggiungono solo con indulgenza verso coloro che sono diversi per religione, censo, ricchezza, sesso.

Nel pubblico anche Samuele Peron, che mi ha evidenziato commenti positivi verso Albertazzi definendolo una persona molto affabile e disponibile… proprio una bella persona.

Samuele Peron è uno degli insegnanti di ‘Ballando con le stelle’, programma al quale Giorgio Albertazzi ha partecipato con successo, dimostrando che per danzare non occorrono le gambe: stessa dimostrazione che dette Toro seduto quando ormai vecchio montava i cavalli selvaggi facendoli danzare.

Giorgio Abertazzi a 'Ballando con le stelle'

Durante l’incontro nel  camerino, l’attore novantunenne si presentato come un impeccabile uomo d’altri tempi, sorridente, gentilissimo, profumato, per niente provato dalle quasi tre ore di spettacolo. Nel brevissimo tempo insieme mi ha comunicato il suo dispiacere per non aver potuto continuare ‘Ballando con le stelle’, interrotto per i suoi precedenti impegni teatrali, che avrebbe sicuramente vinto e nel quale si è potuto assistere a vere e proprie lezioni di teatro molto apprezzate dal pubblico, a dimostrazione che esiste ancora la professionalità, la bravura e la passione per un mestiere talmente bistrattato in questo periodo.

 

 

 

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