[youtube sHBGq_hu4lg nolink]

Domanda: come mai lo stesso pubblico che mostra di apprezzare l’arte moderna (per esempio Pollock) non riesce a provare le stesse piacevoli sensazioni per le avanguardie musicali (vedi per esempio Schoenberg)? Su questa domanda, che l’altro giorno è stata rilanciata dal tandem Alex RossAlessandro Baricco (il primo critico-intellettuale americano, il secondo da noi non ha bisogno di presentazioni) attraverso un lungo articolo e un altrettanto importante commento pubblicati su Repubblica, vorrei dire anch’io qualcosa. Basandomi anche sui concerti visti, sui discorsi fatti que e là, le impressioni e le considerazioni emerse in discussioni col pubblico e con gli autori, soprattutto delle nuove generazioni.

1) Molta della musica moderna (diciamo d’avanguardia in certi casi contemporanea di derivazione dodecafonica e seriale e quant’altro) dal pubblico viene condiderata di difficile ascolto, spesso incomprensibile. A volte, come dare torto. Certa musica sembra scritta da musicisti per musicisti, critici e cultori della materia di pari preparazione. O quasi. Colpa del pubblico? Colpa dei compositori? Si può dire di tutti e due un po’: il primo, non solo da noi – ma anche in non pochi Paesi esteri non scherzano – possiede una cultura musicale che agrandi linee non si può definire proprio buona. E qui si apre un discorso infinito sull’offerta e la richiesta di educazione musicale. Poi ci si mette la pigrizia: certa musica d’arte, ovvero quella che non nasce per l’intrattenimento e stop, per la sua fruizione richiede curiosità, attenzione, a volte studio e così via… Capitolo compositori. Be’, nel mondo, ci sono stati decenni, soprattutto nel Dopoguerra ma anche delle parti degli anni Settanta, in cui non pochi autori quando scrivevano non mettevano in cima alle loro preoccupazioni le possibilità del pubblico. Più che ascoltabile un’opera doveva essere interessante, sperimentale, fare un altro passo in avanti e così via. Ricerca con la “R” maiuscola, il resto… Tutto questo poi e magari, ben sposato all’impegno, all’ideologia. Ci sono state cose veramente interessanti, importanti, ma non solo… Che insomma, alla fin fine, uno che entra in Auditorium non per forza deve avere una laurea in Musicologia – e magari non basta – oppure essere un fine e coltissimo critico musicale. E oggi? Beh, visti i risultati di pubblico, la difficoltà di proporre certi lavori, l’idolatria diffusa per i compositori dei secoli passati e la diffidenza di tanti Enti artistici che non se la sentono di rischiare, le nuove generazioni (non legate ancora ai filoni estremi) cercano di percorrere nuove strade. Cercando di mettere non dico al centro il pubblico ma neanche di metterlo in cantina. Cercando di recuperare il valore della comunicazione: c’è una musica e c’è un ascoltatore da raggiungere. Meno torri d’avorio, più aperture (anche ai generi e alle contaminazioni), meno barriere.

2) Il problema della proposta, della fruizione. Con tutto il rispetto non mi convincono del tutto alcune argomentazioni. Si parla di “odor di mezzo raggiro” là dove vengono proposti programmi passato-presente-futuro. Per esempio l’antico Bach e il moderno Boulez; della serie che in teatro la gente non ci capisce più nulla: “Per troppo tempo due forme diverse sono state vendute insieme. Ed è stata una grande truffa perché sono cose differenti”, si legge. Sono convinto che i programmi misti siano comunque un’opportunità per chi non conosce le produzioni del Novecento e quelle successive: tra un brano barocco e romantico un brano di Berg, perchè no? La gente non scappa per questo, anche perché ormai certi nomi (vedi Ligeti con Lux Aeterna), grazie al cinema, alla pubblicità e quant’altro della civiltà dell’immagine e dei mille generi (dal rock in poi) a brandelli, a spezzoni e flash sono stati fatti filtrare. Poi perchè dire che Schoenberg & Co. hanno bisogno di luoghi deputati? I luoghi deputati esistono eccome (festival ad hoc, manifestazioni antologiche, rassegne); magari possiamo dire che non ce ne sono abbastanza, possiamo dire che mancano i soldi, possiamo dire che poco viene fatto per sostenere il settore…
                                                                                                                                                   (1.Continua)

In allegato: sperimentazioni