[youtube LBUI9QTRGXo nolink]

Il 14 marzo compie 70 anni. Una vita da raccontare, una vita d’arte messa al servizio della musica, un bel pezzo di vita al servizio della ricerca pianistica. Qualche mese fa coronata dall’ennesimo riconoscimento: il premio europeo per il miglior jazzista dell’anno 2010. Lo si sarà capito ormai, stiamo parlando di Franco D’Andrea. Che a parte gli ultimi aggiornamenti di cronaca – per il giorno del suo compleanno a Trento lui sarà protagonista di un doppio concerto (con Joe Lovano, Franco Ambrosetti, Geri Allen e Nicholas Payton) – merita alcune note su questioni poco battute, almeno di recente: la sua immagine pubblica e la sua produzione non solo musicale. Andiamo per ordine e partiamo dalla prima.

Mi capitato più di una volta di frequentare concerti o eventi di altro genere in cui D’Andrea o era protagonista od ospite d’onore. La maniera di presetarsi del musicista, soprattutto per l’aria che tira da qualche anno a questa parte, mi è sembrata un po’ fuori moda, nel senso buono nel termine. Per dire: che nella civiltà dell’immagine dove ad artisti e interpreti viene rischiesto un modo accattivante e conformista di presentarsi (in fondo anche certi maestri e glorie celebrate si sono adeguate), lui non è mai cambiato di una virgola. Stesso modo di entrare in scena, stesso modo di apparire, fare gentile e riservato ma ironico, nessuno spazio per l’effetto. Sobrietà e concentrazione, con un sorriso. Si potrebbe dire: un anti-divo non per scelta, ma per vocazione. Un’altra pagina.

Basta cercare sul web, nel suo sito, per scovare i titoli delle opere non solo discografiche di questo musicista. A parte l’impressionante numero dei titoli delle incisioni (circa 200) e un curriculum come pochi altri del suo ambiente possono vantare, salta fuori anche una pubblicazione che, oltre a essere una specie di bibbia per gli addetti ai lavori, è uno dei parametri dell’uomo riguardo al suo impegno sul fronte della ricerca musicale. Il libro in questione porta come titolo “Enciclopedia comparata delle scale e degli accordi” (coautore Attilio Zanchi), edito nel 1992 dal Centro professione musica di Milano e poi dalla Carish: la titolazione dice tutto, è la raccolta di tutte le scale musica possibili e immaginabili,degli accordi e delle innumerevoli combinazioni. Un lavoro certosino, eciclopedico appunto. Un’opera teorica che non ho mai capito perché non viene distribuita come il pane nelle scuole musicali, nei corsi e nei laboratori del jazz. Forse non tutti la conoscono. Purtroppo non è più in circolazione, ma in un modo o nell’altro si rintraccia.
In allegato: musiche di Franco D’Andrea