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Che peccato non ricordarsi mai, o quasi, dell’Alberto Savinio musicista. Sì, proprio lui, il fratello dell’artista metafisico Giorgio De Chirico che di nome faceva Andrea e che per tutta la vita si è firmato con un altro cognome. Fino al 12 giugno a Milano (presso palazzo Reale) c’è una mostra con le sue opere: da non perdere! Anche questa volta però, per gli appassionati di musica, musicologia e storia della musica dal Novecento in poi, nessun riferimento alla produzione sonora di questo personaggio. Una scelta: evidentemente si è voluto puntare il focus sull’attività pittorica, del resto indubbiamente la più importante e copiosa di Savinio. E’ l’occasione dunque per accennare in questa sede dell'”altro Savinio”, quell’anima compositiva col tempo da lui stesso tralasciata – eppure interessante – a favore delle altre strade che lo hanno reso celebre.

“Prendere per il verso giusto questo autore non è una cosa semplice. Nel corso della sua vita ha attraversato tutte le espressioni d’arte…”, scrive Antonio Di Lisa in “Poesia-Filosofia delle poetiche e dei linguaggi“, sul web. E nei suoi esordi più che nel proseguo si rintraccia anche una produzione musicale: tre opere teatrali, cinque balletti, due opere radiofoniche, musiche per pianoforte. L’artista, con studi musicali compiuti ad Atene e a Monaco (è stato allievo di Reger),  anche con suoni e note non ha mancato di far udire echi di surrealismo. Ma ben presto ha preferito occuparsi di arti plastiche. E non è facile catalogare la sua opera nell’ambito della sperimentazione sonora.

E si legge del personaggio: ” E’ incredibile come la storia del mondo si ripete. Musicista in origine, la musica mi è venuta a fastidio. Ho sperimentato tutte le possibilità dell’ottava. Restava l’illusione di un’ottava più vasta, più sottile. Ma i quarti di tono sono fuori della musica, fuori dal mondo. Una tremenda sete mi ardeva di nuove porte aperte. Ma il quarto di tono non è una porta: è un buco onde si casca nel vuoto. La musica perde il suo sguardo di musica, si squaglia in una sonorità opaca che dà la nausea e il capogiro, in un gioco da sordomuti in un passatempo da marziani che vivono nel gelo di un pianeta vecchissimo. Allora a te, uomo felice limitato, ti si rivela tutta quanta la tremenda inutilità dell’astronomia…”. Non resta che ascoltare.
In allegato: musiche di Alberto Savinio