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Il pianoforte è tra gli strumenti più amati dal pubblico. Non c’è scaffale domestico – nelle case di chi ascolta musica – in cui non si trovi almeno un’incisione in cui la tastiera “non dica la sua”, in termini solistici oppure orchestrali. La musica chiamata Classica in testa, a ruota l’arte dell’improvvisazione, chiudono le opere scritte da autori di avanguardia-sperimentale-contemporanea. Per gli amanti del genere, ma anche per chi ne vuole sapere di più sull’argomento – in particolare per i cultori del jazz – c’è in circolazione un libriccino (non per il contenuto ma proprio per il formato).

Si tratta di “Non sparate sul pianista” (Effequ.it, pagine 155), autore uno che di queste cose se ne intende: Paolo Corradori, attualmente anche docente di Storia del Jazz presso la Libera Università del Comune di Scandicci, articolista per il “Giornale della musica” e già autore di diverse pubblicazioni sul genere, tra le quali “Giancarlo Cardini: la musica, il novecento“.

Il libro è un'”indagine sul ruolo centrale del pianoforte nella storia del jazz” viene spiegato. E oltre al contributo del succitato (nel titolo) di Cardini, si trovano tre gustose interviste a pianisti di primo piano: Stefano Bollani, Franco D’Andrea e Fabrizio Puglisi. Ma il viaggio comincia da molto lontano, ovvero dalle origini dello strumento.

Periodo dopo periodo, nei diversi capitoli si incontrano i pianisti che hanno fatto e fanno ancora la storia del genere e dello strumento: da Morton a Monk a Powell, fino a Evans e andando su per Blay. E ancora: Taylor, McCoy Tyner fino a Hancock e Corea. Per chiudere col grande incantatore Jarrett. A completare la mini-opera una discografia selezionata di Enzo Bondi.
In allegato: musiche di Cecil Taylor