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 La carta “giovani“ fa sempre colpo, ed è una di quelle che – da chi organizza festival e affini – periodicamente viene calata sul tavolo per dire che le cose sono andate bene. Dunque non è che sabato scorso, 13 ottobre, giorno della conferenza stampa di chiusura della 56esima edizione della Biennale Musica di Venezia qualcuno è stato colto da sorpresa davanti alla parola magica (“giovani”, appunto); ma a dare ragione ai vertici della kermesse – ovvero il presidente Paolo Baratta (http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Baratta_ politico) e il direttore Ivan Fedele (http://it.wikipedia.org/wiki/Ivan_Fedele) questa volta non sono state le chiacchiere, ma i numeri. E su questi c’è poco da discutere: “Oltre il 20% in più delle presenze rispetto all’anno scorso, si parla di giovani e studenti… – è stato detto durante l’incontro con i giornalisti -; e più in generale, la stima dimostra un aumento del 61% degli spettatori” che in otto giorni “hanno affollato dai tre ai quattro appuntamenti quotidiani“. Studenti dai Conservatori dI Milano, Firenze, Roma e Torino, giovani dell’università e scuole superiori e medie, ma anche primarie, insomma i ragazzini. In pratica: mille giovani hanno partecipato al festival, di cui settecento per formazione. “Ne risulta una svolta per il nostro Settore musica – spiega il presidente – che attribuirà crescente importanza alla diffusione della conoscenza della musica e al sostegno dei nuovi talenti”; vedi un “programma Educational e il progetto Biennale Collage. Anche il Carnevale dei ragazzi di quest’anno vedrà nella musica un elemento caratterizzante”. Insomma anche per il futuro, la sfida sono i giovani: riuscire a fare incontrare le nuove generazioni coi nuovi linguaggi e stili della musica. E non è poco in un Paese dove l’alfabetizzazione in questo senso è inchidota da decenni.

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Come sempre in queste occasioni, le conferenze, c’è stata aria da messa cantata al saluto finale di “Extreme” – il nome del festival appena andato – presso la sala incontri di Cà Giustinian. Del resto, con l’inedito tandem al timone non avrebbe potuto essere diversamente; personaggi di spicco, primo piano, ognuno nel loro settore, Baratta e Fedele. Il primo, che a guardarlo sembra un uomo di altri tempi, solidi principi, preparazione, serietà, grande polso; è di quelli che tengono la barra sempre dritta anche con il mare in tempesta – e i tempi attuali sembrano proprio di questo tipo -: non a caso, per dirne una, quando per la sua poltrona il governo fece altre scelte, ci fu una sollevazione popolare e non, tanto che poi fu rimesso al suo posto. Fedele è uno dei compositori italiani di primo piano molto apprezzato all’estero, direttore artistico conteso e sin da giovane molto attento alla formazione (“ho cominciato da subito“, spiegava in conferenza stampa, come a dire che quella del formatore è una delle sue anime).

Insieme sono un bell’argine e una prospettiva: idee anche come antidoto alla crisi (investire sui giovani è una bel traguardo; e c’è quasi da scommetterci – ma è solo una supposizione – che a proposito i fondi non saranno un problema), il progetto di creare un archivio della Biennale (il che aggiungerebbe altro peso culturale, nel nome della memoria); infine posseggono l’esperienza per ottimizzare i mezzi a disposizione: Baratta basta guardalo, a 73 anni ha grinta ed esperienza da vendere; per Fedele la Biennale è l’ennesima medaglia: speriamo solo che gli lascino il tempo per scrivere…
In allegato: intervista a Paolo Baratta e intervista a Ivan Fedele