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Chi sa leggere le note sul pentagramma ha una marcia in più. E’ quanto ha dimostrato uno studio dell’Università Bicocca di Milano, secondo cui i musicisti sono in grado di riconoscere le parole con più facilità rispetto alle persone che non hanno mai studiato l’arte dei suoni. I test per arrivare a queste conclusioni sono stati condotti su 15 strumentisti (pianoforte, violino, violoncello, tromba, clarinetto, flauto, organo, composizione e direzione d’orchestra) del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Neuropsychologia” e condotta con la collaborazione del Cnr nel laboratorio di elettrofisiologia cognitiva della Bicocca. “È noto che imparare a suonare bene uno strumento musicale – spiega Alice Mado Proverbio, docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e coordinatrice dello studio – modifica la connettività cerebrale e la struttura funzionale del cervello – sia a livello di materia grigia che di materia bianca – velocizzando il transfer inter-emisferico, migliorando il controllo e la coordinazione motoria e l’elaborazione uditiva dei suoni”.

In pratica è stato dimostrato che il cervello di chi ha studiato musica, sin da piccolo entro gli 8 anni, è più veloce a riconoscere la parole. “L’evidenza che il meccanismo neurale di elaborazione delle lettere differiva per musicisti dalle persone che non conoscono il pentagramma- conclude Proverbio – dimostra come il training musicale precoce modifica i meccanismi neurali di lettura. Questi risultati possono avere interessanti applicazioni per i bambini a rischio di dislessia (deficit di lettura) in cui la regione visiva per le parole (di sinistra) si attiva in modo atipico o insufficiente”. Lo studio della musica all’inizio dell’alfabetizzazione svilupperebbe, dunque, un centro di analisi visiva simbolica anche a destra, che verrebbe poi utilizzato sia per le parole sia per le note.
In allegato: filmato su una ricerca svolta da scienziati cinesi su musica e cervello