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Miles Davis, l’uomo e l’artista attraverso le sue interviste. Nuova luce sul re della tromba, con un libro a firma Paul Maher Jr. e Michael K. Dorr. Interessanti le sue osservazioni sul blues, senza illusioni: “Non impari a suonare meglio solo se hai sofferto – affermava – . Il blues non viene fuori solo se hai raccolto cotone”.

Leggende, storie e retroscena. Così si dice: Miles era un eroinomane, poi cocainomane, beveva whisky come un’idrovora: tirava di boxe e si allenava come un professionista (era una delle sue manie) quello che spesso emerge nelle sue biografie. Ma attraverso le sue parole si vede e si sente la sua sensibilità. Per Clark Terry, mentore e amico, era un uomo d’affari accortissimo ma quando decideva di cambiare stile lo faceva per soldi.

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Basta vedere il suo repertorio, si fa notare nelle pagine. Molti suoi amici musicisti rimpiangevano il Davis lirico di “Porgy and Bass”, quello dei quintetti con Coltrane e con Wayne Shorter e Herbie Hancock. Negli anni Ottanta le riviste fanno a gara per intervistarlo; suona i pezzi di Michael Jackson e Cindy Lauper.

Che lui fosse un “po’ egocentrico” è cosa nota. Ecco in una sua auto-biografia viene riportato un dialogo con una signora, che gli chiede: “E lei, signor Davis, di che cosa si occupa?”. “Io, signora, ho cambiato il corso della musica quattro o cinque volte”.
In allegato: musiche di Miles Davis