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Caro Claudio Abbado, egregio Maestro
ti scrivo, così mi confido un po’. Mi chiamo Bruno C., permettimi di darti del tu, come se mi rivolgessi a un angelo custode. Là dove sei tra gli dei dell’Olimpo, ti “ruberò” solo qualche minuto di attenzione, per raccontarti il mio rapporto con la Civica scuola di Musica a Milano, per altri semplicemente “la Civica”, per altri ancora Villa Simonetta.

Prima di andare ai fatti personali, vorrei dirti che da sabato 21 giugno 2014 il tuo ricordo sarà in ottime mani. Già, perché – come i gazzettieri di terra cielo e mare ti avranno riferito – quel giorno la scuola verrà intitolata a te, al tuo nome, al grande musicista che sei stato. Un avvenimento importante per il capoluogo lombardo, la musica, la cultura; peraltro a coronamento di una serie di avvenimenti degni di nota, per questa accademia della Fondazione Milano, come i festeggiamenti per i suoi 150 anni di vita, l’Ambrogino d’Oro e il riconoscimento dei corsi da parte del Miur, ovvero l’autorizzazione a rilasciare titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica, equipollenti a titoli universitari. Detto in soldoni, un altro Conservatorio. Ma ora vediamo a me, alla mia piccola storia, come anticipavo al mio rapporto con la Civica.

Non ricordo esattamente come è stato, dopo anni di pianoforte classico in altre scuole e scuolette, ci sono capitato dodicenne o giù di lì, iscrizione al corso di clarinetto ma dopo qualche tempo, la partenza verso altri lidi, per mera stoltezza giovanile. Peccato, mi sono detto per decenni. Ma come un fiume carsico il mio vissuto con quell’edificio antico di via Stilicone è ricomparso negli anni della maturità, quando per le misteriose vie dell’esistenza sono ritornato là dove ragazzino avevo fatto studi di teoria e solfeggio. Per riprendere il bandolo della matassa, riannodare un filo, riconnettermi con un sogno, quello di studiare composizione. Risultato: a cinquant’anni è successo!

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No, non è facile con una vita zeppa come lo zaino di un teen-ager in campeggio – nel mio caso un lavoro impegnativo, famiglia con figli, mutuo e bollette da pagare, qualche acciacco, i vecchi da curare… – eppure è successo. E’ successo che dal giorno dell’iscrizione al corso di composizione la passione per la musica attiva, con le le sue magie, ha cominciato di nuovo a lievitare pericolosamente, a espellere cose dallo zaino, per fortuna non quelle fondamentali. Il direttore, i prof, il personale della scuola, i giovani colleghi di corso: mi sembra di essere tornato ragazzo, con un’insospettabile energia, persino un viso più disteso e giovanile, meno capelli bianchi e fisico più asciutto (almeno così qualcuno sostiene). Se non fosse che verrei preso in giro, direi che la Civica – con le persone che la popolano con entusiasmo contagioso – sono meglio delle terme.

Ciò detto, caro direttore Abbado, concludo: affidare dunque la memoria del tuo nome a una scuola così, dove si insegna a livelli alti e dove i giovani e meno giovani hanno l’occasione, possibilità di coltivarsi e coltivare le proprie aspirazioni e carriere nel posto gusto, è un gol da fuoriclasse. E dio sa quanto l’Italia, anche ai Mondiali in Brasile, in questo momento, di reti così ne ha bisogno…
In allegato: il direttore Claudio Abbado e un documentario sui 150 anni della Civica