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Mi dicono di un agosto assai sguarnito musicalmente bella capitale ungherese Budapest, dove una lingua impenetrabile per noi italiani, a metà strada tra il lettone e il finnico, ci pare quella “musica altra” da cui il mondo dell’Est ha attinto a piene mani per farsi largo nell’oceano mondiale del suono e i suoi ritmi. Si, certo, la statua di Franz Liszt da ammirare delle parti del centro, ai bus turistici offrono il concertino serale con musiche tradizionali e qualche brano classico che si stra-conosce. Nella locale stupenda Opera cinque minuti o poco più di cantata lirico per i stranieri. Tutto così. O quasi. Poi un sabato mattina o una domenica mattina vai, vuoi andare a visitare la casa del “vecchio Franz” (sempre Listz) e scopri che… è chiusa. Comunque è strano: una città musicale come è la capitale ungherese – lo dicono tutti – che nei mesi estivi, quando orde di stranieri camminano per le strade autoctone, tira i remi in barca. Proprio lì, dove la musica colta è tenuta in gran considerazione, certi compositori vengono trattati quasi alla stregua di eroi nazionali, a parte Listz appunto, Bela Bartok e Zoltan Kodaly. E ancora: là dove fino alla primavera a ogni angolo di strada spunta qualcuno che suona, in un Paese che sforna grandi strumentisti… Che dire – anche se le ferie sono sacre per tutti e risparmiare in tempi come questi è un comandamento – forse non sarebbe male pagare qualcuno in più per tenere aperto il museo, la casa dell’illustre, un auditorium da far funzionale. Il viaggiatore in questione è tornato, infine col sacco vuoto: niente concerti, nessuna visita di dimora musicale, giusto un museo – per carità bellissimo – ma all’Opera non si faceva niente per tutta l’estate, o quasi. E il “vecchio Franz”, sistemato in una piazzetta assai turistica pareva più accigliato del solito.
In allegato: musiche di Listz, Bartok e Kodaly