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Meno male che qualcuno ha inventato le ristampe. Ne è arrivata in libreria una fresca fresca, si tratta di “Storia della musica in Occidente” di Donald Jay Grout, ovvero uno dei massimi musicologi del secolo Novecento. Il saggio in questione, uscito per la prima volta negli anni Sessanta, è rimasta a lungo insuperata, e forse lo è ancora. Una delle cose che si notano, sfogliandola, è che gli esempi musicali, per quanti sono si sprecano. Per esempi musicali si intende, pagine di partiture riprodotte con schemi, evidenziature e box diciamo “specialistici” attraverso i quali si spiega la musica anche tecnicamente e non solo nei suoi accadimenti. Per qualcuno a cui non basta le lettura della storia, un aspetto, un attrattiva di primo grado. Un elemento distintivo nel panorama di certa musicologia che si nutre e si esprime in maniera letteraria, filosofia, storica, ma che non sempre è capace di entrare nei meandri tecnici della materia. Si dirà, ma la storia non è l’analisi musicologica o compositiva. Risposta (ovviamente dipende dal punto di vista): personalmente non disdegno, anzi apprezzo molto poter capire che cosa succede nella musica, come un autore ha saputo scrivere, ha trattato il materiale, quali scelte compositivi ha fatto per esprimere se stesso, il tema che si era dato. Certo, questo richiede anche preparazione musicale o quanto meno la volontà di coltivarla. Quest’ultimo caso è il mio. E il “nuovo” libro di Grout rappresenta l’occasione pure di mettersi alla prova, non solo sul fatto  teorico ma anche tecnico.