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John Adams in America, Guillaume Connesson in Francia, Alberto Colla in Italia. Con i suoi personaggi il fronte della musica “umanistica”, ovvero quella che porta avanti la grande tradizione classica, propone nuove incisioni che sicuramente sono da ascoltare e  da scoprire. E’ il caso di uno dei nuovi cd in circolazione: “Trio” – original trios and solos – (musiche eseguite da Irene Tiberini ai clarinetti, Vito Francesco Malerba al violoncello e Annie Corrado al piano; Da Vinci Classics) che presenta lavori scritti da nostri compositori, Federico Biscione, Alberto Cara e Paolo Coggiola. A quest’ultimo una telefona di fine anno, per capire in sintesi l’idea di questo progetto, di questa “corrente” di autori che in maniera sbrigativa a volte vengono etichettati come “neoromantici”; non piace proprio a tutti.

Maestro Paolo Coggiola, qualcosa su di voi e su questa nuova proposta musicale, l’album “Trio” appunto…
“Abbiamo cercato di mettere insieme delle affinità, come amici e come compositori, con stili diversi e direzioni differenti, ma accomunati dallo stesso sentire”.
Ma di che cosa si tratta esattamente?
“C’è una continua ricerca della comunicazione senza però cedere a linguaggi che non sono pertinenti alla tradizione classica (per esempio generi come il crossover e la new age, ndr). Ciò che come autori e persone ci accomuna è anche un non riconoscere l’idea di avanguardia che domina il panorama musica attualmente, ancora”.
Insomma, siete la continuità “che avanza” accerchiata, in mezzo ai fuochi…
“In un certo senso si, ci troviamo nel bel mezzo di una condizione che a nostro avviso dovrebbe essere la normalità ma che oggi invece è disertata”.

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Allora, esattamente, come è la fotografia che non vi piace?
“O ci si muove nel post-avanguardistico oppure nella new age appunto, idee di musica che si trovano nei poli opposti, dove per noi o fa troppo caldo oppure fa troppo freddo. Hanno i loro pubblici, tutto bene, ma noi siamo altro”.
E come vede la cosiddetta “avanguardia”?
“Personalmente credo che dopo settanta anni ormai abbia fallito. E oggi dal mio punto di vista, ma non solo, l’idea più avanzata è quella di recuperare una concezione  condivisa di bellezza. I discorsi provocatori, di rottura, certe stranezze non hanno più effetto, anche perché ormai siamo abituati davvero a tutto”.
Parliamo del vostro disco, che comprende i suoi “Quattro interludi sottomarini” e “Piccola rosa dei venti, “Microsuite” e “Preludio, notturno e finale” di Biscione e “Piccole Contraddizioni” di Cara…
“Abbiamo scritto dei trii e poi anche dei pezzi solistici. Tra le cose belle di questa incisione è che si trovano identità diverse, forti, che si esprimono chiaramente sotto lo stesso cielo. Con una visione della musica all’insegna della continuità della grande tradizione”.

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Paolo Coggiola è fra i tre, vista la sua formazione, il compositore più vicino all’idea di avanguardia (“da giovane sono partito come avanguardista ma poi… oggi rispetto ai colleghi sono uno che si trova in mezzo al guado”, aggiunge sul punto); Federico Biscione è il più vicino all’idea di “classicità”; Alberto Cara, il più giovane dei tre, pur essendo un compositore classico è anche affascinato dal mondo jazz.
Buon ascolto e buon anno!