Perché la “Piel de Toro”, un blog sui nostri “cugini” spagnoli, separati da noi – con cui  condividiamo la medesima radice linguistica e non solo – dai galletti e dai Pirenei? Non solo perché mancava qui sul Giornale che, oltre a ospitare le mie corrispondenze dalla Spagna, ora lascia albergare molte altre storie che, purtroppo, la ferrea economia delle pagine cartacee spesso non permette.
Piel de Toro, la pelle del toro, perché è un modo per descrivere la forma geografica del territorio spagnolo che ricorda, sin dalla fine del Medio Evo, nelle prime cartine disegnate a mano, la pelle del toro lasciata seccare al sole. In verità parliamo di un territorio molto più vasto dell’Italia, 505.936 kmq che corrispondono a una volta e mezzo il nostro Paese.
Raccontare la Spagna è un’impresa dialettica paragonabile alle fatiche di una zanzara in un campo di nudisti: tanta carne sotto al sole e non si sa da dove iniziare.
Allora lo chiedo a voi: qual è la prima cosa che vi passa per la testa quando pensate alla Spagna? Pensate alle sue formidabili squadre di calcio che, puntualmente, fanno vedere l’inferno a quelle italiane? Pensate al jamon, il prelibato prosciutto che, un’ottima scuola di marketing iberico, fa credere il migliore del mondo? O pensate alle isole del divertimento? Alla Isla Blanca, Ibiza, un’enorme discoteca a cielo aperto, eletta fin dagli anni Sessanta, il luogo dove è proibito proibire. Sembrerebbero luoghi comuni, ma, invece, sono realtà. Come sono realtà, al limite dello stereotipo, alcune visioni che gli spagnoli hanno di noi quando ci descrivono sempre eleganti, donnaioli e rumorosi. Il nostro prosciutto, che sia di Parma o ancora più buono, è “carne cruda”, come mi disse anni fa un salumiere catalano de la Bouqueria, il mercato più belo di Barcellona, perché tagliato troppo fino. Insomma potremmo litigare con barcellonesi, madrileni e sivigliani su quasi tutto, dal prosciutto al pallone, dalle discoteche alle spiagge. Sappiate che, in fondo, i cugini che parlano la lingua di Cervantes, ci invidiano molte cose, dalla nostra enogastronomia al nostro stile di vita. Ma sono troppo orgogliosi per ammetterlo. Perché per uno spagnolo, vedere la Selección strapazzare la nostra Nazionale, è puro godimento, meglio che vincere il Mondiale. Sentirsi migliori, e vincitori, finché dura. Fino a quando riusciamo a sconfiggere le “Furie rosse”.
Ma oltre l’aspetto sociale, oltre a qualche piccola invidia, a qualche sfottò (siamo appellati come “motorini”, “spaguetti”, “macaronis”, quando ci va bene e non ci danno del mafiosi), la Spagna ci invidia molto, ci ama tanto e ci copia spesso. Rilassatevi, chiudete gli occhi e si parte. Dai Pirenei dove si scia bene come sulle nostre Dolomiti o Alpi, passando per la turbolente Catalogna, regione di magnifiche lezioni d’arte, di cucina sublime e di storia affascinante, passando per l’Andalusia, la terra dove la cultura araba ha lasciato profondi segni nell’architettura e anche nel dna dei suoi abitanti. Stop. Non voglio farvi da sgangherato Touring Club. Solo per dirvi che sotto la pelle del toro, ribolle una vita cucita di storie incredibili, assurde, misteriose e molto divertenti, se non toccanti, che lasciano il segno. Bienvenidos a todos. Accomodatevi, fate come se foste a casa vostra, Si parte.