mcMaría de Montserrat Viviana Concepción Caballé i Folch aveva il nome, come moltissime donne spagnole di una madonna, la Virgen de Montserrat, il monastero dell’omonima montagna a qualche chilometro da Barcellona. Già a due anni, suonava il pianoforte, poi il conservatorio, quello prestigioso di Liceo a Barcellona. Nel 1956 a ventitré anni entra nella compagnia dell’Opera di Basilea, dove debutta nel 1957 come Mimí ne “La bohème”. Come spesso capita, un’occasione inaspettato le dà l’occasione della sua vita e la  visibilità massima: nel 1965 Marilyn Horne è indisposta e la divina gorda, come la chiamavano gli spagnoli, la divina grassottella, la sostituisce in “Lucrezia Borgia” alla Carnegie Hall di New York. I critici impazziscono, la amano da subito, chiedendosi dove si fosse  nascosta fino a quel momento. Per alcuni Montserrat Caballé ha ereditato il talento della divina Maria Callas e  in molte opere non fa sentire lamentanza della dea greca. È il 1970 quando arriva alla Scala di Milano con “Lucrezia Borgia”. La divina catalana diventa “residenti” o quasi: si esibirà per altri quindici anni, senza pause, in una costante collaborazione col teatro milanese e in un crescendo di successo prorompente. Negli anni successivi, raccolta l’immensa gloria del palco, il soprano si è dedicata a varie attività benefiche, anche come ambasciatrice dell’Unesco, e ha creato una fondazione in favore dei bambini bisognosi di Barcellona, la sua meravigliosa città natale che ora pensa di dedicarle, giustamente, una via.