black calamaPuò una città situata su un altopiano a 667 metri sul livello del mare, posta in una delle zone più aride della Spagna, a cinquecento chilometri di distanza dal mare, avere come panino tipico un terzo di baguette ripiena di calamari fritti? Potete anche aggiungere una spruzzata di succo di limone sulla mollica o una cucchiaiata di allioli, la maionese catalana fatta con l’aglio. Comunque vogliate gustarvi questo bocadillo, coi calamari appena tirati su dalla friggitrice, roventi e appetitosi, rimane il mistero. Immaginate lo stoccafisso in umido con patate ad Aosta. Sembra un’assurdità, ma nella Capital di Spagna, da secoli si trova il pesce più fresco d’Europa. Così come si dice di Milano.
Nel XVI secolo il pesce era portato a Madrid con gli asinelli, dal Mar della Cantabria, in poco più di dodici giorni, per un tragitto di 540 chilometri. Non era un alimento per tutti, ma i nobili dell’epoca confermano che era di ottima qualità e freschissimo. Questo grazie a uno stratagemma. Anche in estate e in primavera si manteneva nel fondo di pozzi profondi 5-6 metri, blocchi di ghiaccio raccolti in inverno, in modo da mantenere costante la temperature delle ceste di vimini piene di ogni ben di Dio che il mare può dare. Era il Camí de León, il Cammino del Leone, dal nome della grande regione che avvolge Madrid, che poi si sarebbe fusa nell’attuale Castilla y León. Nel XVIII secolo, col miglioramento delle comunicazioni, il tragitto dei commercianti di pescado si ridusse a 5 giorni. Il consumo di pesce fresco aumentò con il ristabilirsi della religione cattolica che chiedeva periodi di digiuno precedenti il Natale e la Pasqua. A Madrid si iniziarono a commercializzare sarde e sardine (vendute in barile con manciate di sale grosso) tonno, pagelli e dentici, ma ancora non c’è alcuna traccia dei calamari nella gastronomia madrileña.
Quindi, da dove diavolo sono piovuti i calamari sull’antichissimo altopiano della Mesetas di Madrid? Da un’astronave? Bisogna arrivare al XIX secolo, quando la Capitale del Regno di Spagna fu travolta dalla bollente e festaiola cultura e tradizione andalusa. Ai primi dell’Ottocento Madrid si riempie di colmaos flamencos, piccoli locali dove si servono i tipici piatti andalusi, ma anche di tabernas gitanas, che con i loro vini, le tapas de pescaditos fritos (pesciolini fritti) rivoluzionano la gastronomia madrileña, raccogliendo un successo immenso, come la pizza in America. L’ambiente gioioso, godereccio e sanguigno della cultura andalusa e flamenca resiste fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando Madrid perde colore, voglia di vivere ed entusiasmo e il coprifuoco la svuota di entusiasmo e voglia di vivere all’aperto.
Tuttavia, esiste anche un’altra ipotesi che spiega il panino con gli anelli di calamari. Si fa risalire ai grandi movimenti migratori dalla campagna alle città. Lungo le strade non asfaltate della Spagna del XVIII e XIX secolo, sorsero le casas de comida, le taverne che ospitavano i viandanti e migranti lungo il loro viaggio nella penisola iberica. Queste “casas” furono il frutto del pensionamento di molte campesinas, donne di campagna e di mare venute giù dalla Cantabria, Asturie e Paesi Baschi che lavoravano a servizio nei palazzi cittadini dei nobili. Al momento del retiro dal lavoro, le donne  si unirono in società e aprirono queste pensioni dove si mangiava e si poteva anche riposare. Provenienti da zone marine, portarono un menù principalmente a base di pesce ed è probabile che tra queste pietanze ci fossero anche  gli anelli di calamaro e totano, da mangiare in viaggio, mentre si camminava e quindi da riporre dentro a due fette di pane croccante con molta mollica. Un pasto completo con carboidrati e proteina e la bontà del fritto in olio di oliva.

Ma è il XX secolo che regala il successo al panino madrileno. Negli anni Sessanta attorno a Plaza Mayor si aprirono i primi locali frequentati da giovani cittadini (in Spagna fino agli anni Ottanta tutto succedeva con dieci anni di ritardo rispetto a Parigi o Londra). El Brillante fu il primo locale a diventare famoso per il suo bocadillo de calamares. Da allora il panino ha ottenuto una popolarità smisurata fino a diventare il simbolo della cucina “buena, bonita, barata”, buona, gustosa, economica della capitale.
Si sono convinti anche i grandi chef che per anni hanno guardato a questo piatto con malcelato disprezzo. Oggi lo usano come base per piatti all’avanguardia: il bocadillo de calamares regna nelle cucine madrilene, dai locali di Malasaña (dove si rivendica la più tradizionale cucina castigliana), ad angoli quasi di nicchia de La Castellana, da cui nascono creazioni come il “pane nero con inchiostro di calamari, alga wakame e calamari in tempura leggera con leggera allioli”. (vedi foto).