Anche se con un Governo da rifare e le due Camere del Congreso che procedono a regime lento, la Spagna ha avuto e sta avendo un ruolo attivo nella crisi del Venezuela. Se l’Italia, benché i suoi sei milioni di italovenezuelani, ha preferito defilarsi, con poche e confuse dichiarazioni, Madrid ha dettato la linea dell’Unione europea. La voce spagnola si è sentita nelle stanze della diplomazia. L’ormai ex premier Sánchez a Bruxelles assieme al ministro degli Esteri Josep Borrell ha chiesto da subito il riconoscimento di Juan Guaidó. La diplomazia iberica, benché non tuti i Paesi della Ue fossero d’accordo, non si è persa d’animo e ha prodotto una rete di incontri e contatti con i principali esecutivi europei, ottenendo il riconoscimento di Guaidó, dopo il termine ultimo per Maduro di celebrare nuove elezioni, consentendo, però, la presenza e il controllo degli osservatori internazionali. Considerati gli enormi legami culturali e umani tra la Spagna e il Venezuela, Madrid non poteva perdere quest’occasione d mediatore tra Caracas e Bruxelles. E, ovviamente, hanno avuto una grande importanza le relazioni economiche tra Spagna e Venezuela. Nelle acque venezuelane la regina del petrolio spagnolo Repsol col progetto Perla, controlla uno dei maggiori giacimenti marini di gas ldel Sud America, con una partecipazione dell’Eni. Il Governo di Maduro con i suoi decreti presidenziali, dovuti all’eccezionale crisi, ha bloccato merci e beni delle imprese straniere, tra cui la Spagna, ma ha poi pagato in greggio i suoi debiti. caracas
La capitale del Venezuela, spaccata da una guerra civile, ora è chiamata “Carakistán”, territorio di guerra e miseria, dove manca tutto. Chi rimane lotta e soffre, gli altri venezuelani formano una lunga processione che tenta di lasciare il paese per la Colombia, ma le frontiere sono state sbarrate da Maduro che, nemmeno con un concerto organizzato da Bob Geldof, è riuscito a fare entrare camion con i viveri offerti dalla comunità internazionale e a far uscire i disperati venezuelani. Il numero di vittime di questa guerra intestina, ogni giorno equivalgono, nella sola Caracas, agli omicidi di un intero ano a Madrid. E ancora qualcuno tentenna davanti a un vero genocidio. L’economia è al punto più basso, l’inflazione a quello più alto. Quando Hugo Chávez moriva nel 2014, l’oro nero rendeva 300 milioni di petrodollari al giorno, oggi il valore si è ridotto di cinque volte. E Maduro è oramai un pugile messo all’angolo, isolato da quasi tutti Paesi sudamericani. La Spagna è l’unico paese invitato a partecipare ai lavori del grupo de Lima, organismo regionale composto di dodici Paesi, istituito nel 2017 per cercare soluzioni concrete alla crisi venezuelana. Maduro ha accusato la Spagna di aver messo il suo zampino nell’imposizione delle sanzioni europee dello scorso anno (embargo sulle armi), così pure per il conferimento da parte dell’Europarlamento del premio Sakharov all’opposizione al regime. Sarà per questo che Maduro ha riservato alla Spagna la reazione più dura, dopo le prese di posizione internazionali sulla crisi politica interna, con tanto d’invito a Sánchez a convocare in casa propria le elezioni legislative, poiché, mai è stato votato dagli spagnoli. E così ha fatto il socialista Pedro, mandando tutti alla urne il 28 aprile.

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